Friday, December 09, 2011

Tuesday, July 12, 2011

MANLIO LOMBARDI



Famiglia Lombardi-Potosniak

L’11/09/1971 mi sono sposato. Viaggio di nozze tranquillo.

Dopo il viaggio, con la verde NSU 1200, ci insediammo nella nostra casa in viale Lincoln n. 241. La casa non era completamente arredata. Avevamo la camera da letto e la cucina economica.

Nel 1972 per assistere ad una partita di calcio nel campo del Centro di Formazione (C.I.A.P.I) saltai da un tetto del CIAPI, alto circa 3 metri, e nel cadere invece di andare sul terreno morbido inciampai con il tallone sinistro sullo spigolo di un marciapiede. In conseguenza di questa di questa caduta mi ruppi il perone sinistro. In quel momento non sentii nessun dolore ma poco dopo mi assalì un dolore fitto al piede. Fui accompagnato all’ospedale da un collega del CIAPI, Antonio Barone, ma fui dimesso con una semplice fasciatura. Il giorno seguente mi recai di nuovo in ospedale dove riscontrarono una frattura multipla del perone. Il giorno successivo fui sottoposto ad un intervento chirurgico con trapianto ossei dalla tibia al perone mediante schegge di osso prelevate dalla tibia.

Fui dimesso dall’ospedale con un vistoso gesso che mi copriva gamba e coscia quindi impossibilitato a camminare normalmente. Per tale motivo mi trasferii con Bruna, che lavorava alla 3M Italia in San Marco di Caserta, a casa dei miei genitori dove vivemmo per 5 mesi fino a che mi tolsero il primo e il secondo gesso.

Data l’immobilità dell’arto, che si era dimagrito fortemente, frequentai una palestra per la riabilitazione dell’arto.

In quello stesso anno acquistai una nuova macchina: una Simca 1300 di colore azzurro.

In seguito acquistammo i mobili per il salone (successivamente li regalammo a Vincenzo, figlio di Grazia).

Il 30 aprile 1974 nacque Laura e l’11 agosto del 1975 nacque Francesca.

Intanto Bruna continuava a lavorare alla 3M che lascerà dopo 15 anni di servizio. Con pensione che ha percepito al minimo al compimento dei 60 anni di età.

Per diversi anni, dopo aver acquistato, prima una roulotte e poi un camper, abbiamo girato un po’ d’Europa e buona parte dell’Italia.

Da rilevare che durante alcune gite perdemmo Francesca, prima allo sbarco del traghetto in Sicilia poi, qualche anno dopo a Venezia. Allo sbarco in Sicilia la trovammo insieme ad un marinaio del traghetto. A Venezia la ritrovammo vicino alla Basilica di San. Marco, vi era arrivata da sola.

Durante le visite in alcune città europee (Parigi, Versailles, Monaco di Baviera, Lugano, Salisburgo, Lintz, e altre ancora ho notato che anche un rudere o una sola pietra sono ben conservati e valorizzati; cioè quel poco che hanno sono riusciti a sfruttalo dal punto di vista turistico. Invece in Italia, che possiede ben il 75% del patrimonio culturale mondiale non è per niente sfruttato dal punto di vista turistico.

I vari governi che si sono succeduti non hanno fatto niente per valorizzare quest’immenso patrimonio che abbiamo in Italia. Forse ora si sta muovendo qualcosa ma solo a livello locale senza l’aiuto del Governo. In Italia oltre alle opere esposte ve ne sono tantissime ammucchiate nei depositi e nei sotterranei dei musei senza che potessero essere visionate dai turisti. Solo nel museo di Capodimonte a Napoli nei suoi depositi vi sono un numero elevato di opere mai viste dal pubblico. Allora perché, almeno le opere meno importanti non si mettono in vendita? Si potrebbero ricavare fondi da destinare ai Beni Culturali e valorizzare le opere “nascoste” non solo, ma anche creare nuovi posti di lavoro.

Da questo punto di vista tutti i Governi che si sono succeduti sono stati ottusi. In effetti per i vari governati quello che importa è la “colla” che li deve tenere attaccati alle loro poltrone. Per questa ed altre ragioni sono convinto che nessun politico, salvo rare eccezioni, pensa al bene comune.

Nel 1993 acquistai una roulotte usata e con essa siamo stati in alcune città europee e in molte città italiane.

Nel 1997 ho acquistato un camper usato ed anche con questo mezzo siamo stati in diverse città italiane.

Con l’istituzione delle Regioni nel 1980 il Centro Professionale non fù più finanziato e, noi insegnanti, fummo destinati ad altre strutture regionali. Io optai per la Forestale Regionale a Caserta presso il Settore Tecnico Amministrativo Provinciale Foreste. Dopo un breve periodo di tirocinio mi fu assegnata la Sezione Antincendio boschivo di cui ho svolto mansione di responsabile della programmazione e della tutela dei boschi contro gli incendi. Ho svolto questo lavoro fino alla pensione.

Anche questo lavoro mi è piaciuto molto perché ho avuto modo di conoscere bene tutte le montagne della provincia di Caserta. Spesso seguivo l’evolversi degli incendi sul luogo degli eventi, sia da terra che a bordo di un elicottero della Regione Campania da dove potevo meglio coordinare lo spegnimento degli incendi più gravi.

A volte mi sono trovato, insieme agli operatori, accerchiato dalle fiamme; ma con le dovute precauzioni siamo sempre “sopravvissuti”.

Avevo alle mie dipendenze 28 operatori antincendio durante l’inverno e 148 operatori antincendio durante il periodo di massima pericolosità da giugno a settembre.

Oggi, con l’esperienza che ho acquisito, mi sono accorto che tutta l’organizzazione regionale non bada tanto all’effettiva efficienza della struttura ma si è badato solo a quello che poteva apparire all’opinione pubblica e all’acquisto di automezzi poco adatti all’antincendio boschivo senza tener conto delle effettive esigenze di ogni Settore e senza interpellare chi opera direttamente sugli incendi. Inoltre le risorse, col passare degli anni sono state sempre ridotte, probabilmente dirottate su altri capitoli di spese.

Tu che hai letto fin quì ti credi che è finito, ma ti sbagli. Se hai avuto la pazienza di leggere sino ad ora continua fino all’ultima pagina!

Ora propongo delle domande a te che leggi.
1. Sai dirmi chi sei veramente?
2. Cosa ci fai sul pianeta Terra?
3. Da dove vieni?
4. Dove andrai quando finirà il tuo tempo terrestre?
5. Quale è lo scopo della tua vita terrena?

Se hai risposto a tutte queste domande sei sulla strada giusta. Ma se ne hai mancata anche una sola non sai chi sei né sai perché esisti.
L’umanità di oggi si affanna a bloccare, con il consumismo, la risposta a queste domande, che fin dalla sua genesi essa si è posto ma mai ha avuto una risposta.
Questi pensieri se li porta per tutta la vita, sono la risoluzione di non avere voglia di ricercare le risposte alle domande che sempre si è posto.

Se si risponde con la mente a questi eterni quesiti si potrebbe dare la risposta non assoluta ma un’illusione di verità con la propria logica dovuta alla qualità delle informazioni e delle circostanze che sono in suo possesso.
Esiste una quarta dimensione? Si. E’ il mondo dell’immaginario, l’infinito.
Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo ? mi sono chiesto fin dall’inizio di questa scrittura.
Nelle righe che seguiranno potrei dare una risposta, quella che ritengo sia la MIA RISPOSTA; questa risposta è per me logica e coerente, mi ha dato il senso della VITA ed il piacere di viverla; chissà che non possa essere di utilità anche per te che mi leggi.
Noi sosteniamo che per assurdo, anche se la mia risposta non fosse la Verità Assoluta, essa però ha dato senso logico alla nostra Vita, ciò vuol dire che funziona, ecco perché la consiglio anche agli altri; il tempo poi darà a Tutto ed a Tutti la Vera risposta.
In fin dei conti l’Uomo essendo una parte compartecipe dell’Infinito, deve PARTECIPARE al gioco di quello che potrebbe essere della vita infinita.
Non servono molti argomenti per convincersi che la parte essenziale di ognuno di noi non è solo questo corpo fatto di carne, ossa, sangue, ecc. che possiamo rimirare in uno specchio.
Ciò che noi siamo non è solo la materia del nostro corpo, ma essenzialmente siamo anche lo Spirito.
Infatti se ci anestetizziamo e poi perdiamo una gamba od un braccio od ambedue le gambe o tutte due le braccia o se ad una parte del corpo facciamo del male, il nostro spirito non ricevendo informazioni dagli organi interessati sensori del male, non riceverà nessuna sensazione di dolore; ciò vuol dire che il nostro Ego non è solamente o sopra tutto nelle parti amputate; e nel caso di amputazioni non perdiamo la nostra personalità, la nostra esperienza, la quale ci permette di dire: “Penso dunque sono” e parafrasando dire: “Io sono ciò che penso”.
Comunque esiste una intima relazione fra corpo e Spirito, in quanto il primo permette al secondo di arricchire il proprio potere informazionale.
Noi siamo principalmente Spirito che utilizza la materia per arricchire all’Infinito il proprio potere informazionale; infatti la “materia” non è che la parte esteriore dello Spirito, il corpo dell’Informazione, che proviene e ritorna attraverso l’infinito che e' la caratteristica intrinseca del: “se esisto io sono”, oppure: “ego cogito, ergo sum”. Se penso quindi esisto. Ma chi mi permette di pensare? Il corpo! Allora il pensiero si serve del corpo, scaturisce dal corpo. Ma allora quando il corpo è giunto al suo termine non posso pensare più? A prima vista la risposta sembrerebbe: SI! Ma allora tutto finisce alla fine del corpo! Questo assioma porterebbe a pensare che oltre la vita non esiste nulla. E’ qui che entrano in gioco le teorie della creazione dell’uomo:
1. creazionismo
2. evoluzione
3. intelligent design
Abbiamo scartate le prime due quindi ci rimane la terza soluzione che si calza perfettamente con la mente umana, cioè è un disegno intelligente e in quanto tale la mente umana e quindi lo Spirito fanno parte di un progetto che non può finire in quanto tende all’infinito.
Dove possiamo “localizzare” lo Spirito ?
La materia è il mondo esterno; il mondo esterno è tutto ciò che ci circonda compreso l’Universo ed il nostro corpo; quindi apparentemente sembra che esso sia localizzabile nell'uomo, nella testa, ma dove? di fatto non vi è posto ove localizzare lo Spirito, dato che TUTTO lo spazio e la materia dell’Universo, costituiscono il mondo esterno.
Sicuramente l’Universo è molto più complesso di quanto ci hanno insegnato gli “scienziati ufficiali".
Ciò che chiamiamo impropriamente “materia”, ha insita in Se stessa una nascosta proprietà, quella di avere la caratteristica del continuo accumulo dell’InFormAzione in quanto segue le Finalità e gli scopi dell’Universo.
Tutto ciò che è manifestato ha perciò un “fuori” ed un “dentro”; un fuori, ove è situata ciò che noi chiamiamo “materia” ed un dentro nel quale è situato lo “lo Spirito”.
Infatti la parola stessa InFormAzione (cio' che si sta formando) descrive bene il concetto: “l’Informazione, il dato, l’Idea è Azione nella Forma ed aziona la forma stessa” ed introduce quindi l’idea che ella è contenuta nella materia stessa, la forma, ed aggiunge quella delle varie possibilità della mente (elaborazione delle idee o meglio “funzione” della forma) in tutta la “sostanza” (contenitore) ed a tutti i livelli dell’Energia.
Tutte le religioni e le varie correnti filosofiche di tutti i tempi, hanno teso più o meno a dare queste risposte; siccome però la logica umana si trasforma a seconda delle informazioni che si hanno sulla Vita stessa, ecco che nel corso del tempo queste risposte si sono modificate.
Oggi abbiamo molte più informazioni di qualche secolo fa sulla Vita, ma nel contempo assistiamo ad una “fuga” dell’Uomo dalla ricerca della vera conoscenza sulla vita stessa.




L’ESISTENZIALISMO

L’uomo che si interroga sulla VITA è divenuto un animale in estinzione, in quanto il potere imperante costituito, sociale, finanziario, medicale e religioso, ha fatto di tutto e da molto tempo perché egli NON pensasse più, ma che egli sia solo un esecutore di ordini impartiti con la paura, dal potere dello Stato, da quella dei virus e dei batteri o da quella dell’Inferno; è come se in una famiglia, i genitori impartissero una istruzione, una educazione ai propri figli in questi termini: “Fai così, altrimenti ti picchio”; senza fornire risposta sensata al perché “non si deve fare”, ma e sopra tutto, senza rispondere ai “perché”, alle domande che i figli pongono nel loro crescere.

Guarda caso al contrario fin da piccolo, l’Uomo si pone continui “perché”, poi con il crescere, la famiglia, la società, i gruppi, le religioni, ecc., con i loro tabù o misteri, cercano di soffocare questa meravigliosa attitudine a tendere verso la ricerca della spiegazione a TUTTI i perché della VITA.

Il senso di importanza di questi quesiti, si è trasmesso nei vari secoli dal pensiero filosofico alla massa della gente qualunque; ma nella maggioranza la creduta impossibilità a dare le risposte, dare un senso all’esistenza, le conseguenze sono divenute pesanti, alcune le abbiamo tutti sotto gli occhi, per esempio l’estrema difficoltà a tenere assieme una qualsiasi morale; il ragionamento che essi fanno è questo: se il senso della VITA dell’Uomo è inspiegabile, questa vita è assurda, non logica; quindi il disfacimento morale di oggi è dovuto alla creduta impossibilità nel dare le risposte ai perché sulla VITA, in quanto il singolo trova di norma, enormi difficoltà a costruirsi la propria morale o tavola dei valori e cioè dare un senso, una direzione alla propria esistenza; ecco che l’Egocentrismo ha preso il sopravvento dell’Ego, per mezzo della Mente/organo che gli mente e l’essere non tende ad identificarsi anche negli altri copartecipanti alla Vita, ma bada a soddisfare solo i propri desideri perversi, così facendo cade nel “buco implodente e risonante” della propria insoddisfazione e così crea questa angoscia crescente che gli impedisce di trovare le origini primarie, che invece stanno proprio nel rispondere alle varie domande sulla vita.
Non servono molti argomenti per convincersi che la parte essenziale di ognuno di noi, l’EGO, non è solo questo corpo fatto di carne, ossa, sangue, ecc. che possiamo rimirare in uno specchio.
Ciò che noi siamo non è solo la materia del nostro corpo, ma essenzialmente siamo anche lo SPIRITO, l’Informazione contenuta nella materia, la stessa del corpo.
Infatti se ci anestetizziamo e poi perdiamo una gamba od un braccio od ambedue le gambe o tutte due le braccia o se ad una parte del corpo facciamo del male, il nostro spirito non ricevendo informazioni dagli organi interessati sensori del male, non riceverà nessuna sensazione di dolore; ciò vuol dire che il nostro EGO non è solamente o sopra tutto nelle parti amputate; e nel caso di amputazioni non perdiamo la nostra personalità, la nostra esperienza, la quale ci permette di dire: “Penso dunque sono” e parafrasando dire: “Io sono ciò che penso”.
Noi siamo principalmente Spirito cioè In-form-azione , che utilizza la materia per arricchire all’Infinito il proprio potere informazionale; infatti la “materia” non è che la parte esteriore dello Spirito.
Dove possiamo “localizzare” lo Spirito ?
La materia è il mondo esterno; il mondo esterno è tutto ciò che ci circonda compreso l’Universo ed il nostro corpo; quindi apparentemente sembra che esso sia localizzabile nell'uomo, nella testa, ma dove ? di fatto non vi è posto ove localizzare lo Spirito, dato che TUTTO lo spazio e la materia dell’Universo, costituiscono il mondo esterno.
Sicuramente l’Universo è molto più complesso di quanto ci hanno insegnato gli “scienziati ufficiali".
Ciò che chiamiamo impropriamente “materia”, ha insita in Se stessa una nascosta proprietà, quella di avere la caratteristica del continuo accumulo dell’InFormAzione.
Infatti la parola stessa InFormAzione (cio' che si sta formando) descrive bene il concetto: “l’Informazione, il dato, l’Idea è Azione nella Forma ed aziona la forma stessa” ed introduce quindi l’idea che ella è contenuta nella materia stessa, la forma, ed aggiunge quella delle varie possibilità della mente (elaborazione delle idee o meglio “funzione” della forma.
Un bambino di 5 anni ugualmente, egli ha dentro la Sua esperienza; un neonato ugualmente, egli ha dentro la Sua esperienza; perché dovremmo fermarci qui e non retrocedere oltre? Ma quindi se così è, anche il feto/Uomo che sta crescendo nel grembo materno, ha la Sua esperienza; ne possiamo essere certi, per il fatto che in regressione ipnotica o in fase di rilassamento psichico, i soggetti ci raccontano le esperienze vissute in prima persona mentre erano nel grembo materno; raccontano i fatti con tutti i particolari, perché li hanno visti, sentiti, odorati, possiamo dire anche toccati, cioè vissuti.
Eppure “sembrerebbe” che il feto sia una “cosa” senza possibilità di elaborare dati; il feto ha il Suo Spirito, la sua esperienza; lo Spirito, l’Informazione e l’esperienza sono di fatto naturalmente presenti fin dalla fecondazione dell’ovulo, come nello spermatozoo ed anche oltre; è di tutta evidenza che viste queste considerazioni, siamo contrari all’aborto; più avanti riprenderemo questo problema.
Eccoci arrivati velocemente verso la fine della mia ricerca sulla “localizzazione” dello Spirito.

Chi e,' cosa e', dov'e' Dio ?
Ma allora tutto l’UniVerso materiale è Pensante e ciò che noi vediamo attraverso i telescopi è il “fuori”, il corpo di una personalità cosciente e pensante Universale (che alcuni religiosi chiamano Dio), in realtà è un figlio dell’Infinito, il vero “DIO”, come il nostro corpo è il “fuori” di una personalità cosciente e pensante corporea come l’Uomo.

Tutto ciò porta a rivedere tutte le nostre considerazioni ed a riflettere sulle nostre azioni nei confronti di noi stessi, del nostro prossimo e dell’ambiente nel quale viviamo

Chi Siamo, da dove veniamo, dove andiamo, ci siamo chiesti all’inizio del paragrafo, tento di rispondere:
Siamo sopra tutto, lo ripeto, Spirito.

Sembra notorio che utilizziamo al massimo il 10 % del Cervello per la nostra vita, e l’altro 90 % a cosa serve ???
Forse in questo 90% si trova l’essenza completa del nostro essere, se così fosse ci vorranno milioni di anni per attivare il restante delle capacità intellettive.

Invece il mito del 10%, diffuso negli anni ’60, è solamente una leggenda metropolitana nata probabilmente in seguito all’opera di divulgazione del famoso psicologo William James alla fine del 1800. Egli parlò spesso del potenziale inespresso del cervello riferendosi al ’10% delle nostre capacità’ che si trasformò poi nel ‘10% del cervello’ forse grazie al giornalista Lowell Thomas che nel 1936 nella prefazione di un famoso libro di Dale Carnegie parlò per la prima volta delle potenzialità inespresse dell’essere umano, innescando un’idea mitica ma fortunatamente fantasiosa smentita dalla rivista “Scientific American”. Se dio vuole, il nostro cervello è lì, completamente a nostra disposizione, il problema forse non è quanto ne usiamo, ma come.

Quindi una risposta definitiva e possibilista alle nostre domande non può esserci ancora.

Ammesso che ci fosse una risposta, dopo aver lasciato il nostro involucro cosa faremo?

Quindi sorgeranno altre domande e poi altre domande ancora e altre domande ancora e così di seguito.

Allora è meglio non porci nessuna domanda fin dall’inizio, quindi rimarremmo in una beata ignoranza. Ma questo non è possibile poiché l’uomo si è posto sempre delle domande in attesa delle risposte definitive.

Ultime domande
dopo la vita terrena:
come saremo, cosa faremo?
a queste domande si potrebbe rispondere in due modi.

1. Secondo la religione cattolica saremo di nuovo corpo ed anima; vivremo in eterno nella gloria di Dio.
2. Secondo la razionalità ci trasformeremo in qualcosa di indefinito ma diversi da come siamo adesso.

A queste domande i materialisti rispondono che non c’è nulla dopo la vita. Ma ciò è impossibile solo se consideriamo le leggi della fisica: nulla si distrugge nulla si crea dal nulla. Quindi, comunque ci sarà un’altra forma di vita.

Alle stesse domande i credenti rispondono che vi sarà la resurrezione e si vivrà una vita eterna.

In ogni caso, dopo esserci liberati del nostro involucro (passaggio dalla vita terrena ad un’altra) si andrà a vivere in un’altra dimensione temporanea e poi, alla fine dei tempi saremo al cospetto di Dio in una vita eterna con significati a noi ancora ignoti, o meglio, insieme a Dio e, secondo non solo la religione cattolica ma anche di altre religioni, saremo di nuovo non solo anima ma anche corpo senza le attuali sofferenze.

Parmenide, basandosi sui principi d'identità e di non contraddizione, afferma proprio che l'essere è e non può non essere ed il non essere non è e non può essere.
Infatti, che l'essere (l’io) esista, è una certezza: noi lo vediamo, lo percepiamo con i nostri sensi. Il non essere invece non esiste per definizione e quindi non può essere pensato. Non potendo essere pensato, il non essere risulterà quindi inesprimibile e il nostro linguaggio potrà riferirsi solo all'essere, ed è all'essere che gli uomini, secondo Parmenide, devono tendere, per poter conoscere la realtà.
Quindi io, in qualità di essere pensante, esisto e tutto ciò che mi circonda, poiché lo percepisco con i sensi, esiste.

Quindi riferendoci alle tre teorie della genesi:
• il “creazionismo è basato su credenze o fatti che non sono documentabili in assoluto.
• L’”evoluzionismo” è basato su prove scientifiche ma che non vanno dietro e prima del “big-ben” e quindi non spiega cosa c’era prima del big-ben
• l’”intelligent design” poiché viene pensato da esseri che intellegiscono (gli uomini) esiste e non può, in assoluto, non esistere.

Se osserviamo i cristalli di neve vediamo la perfezione delle loro forme.



Tutto l’architettura del cristallo non può essersi generata da sola e non può essersi autocreata (Lavoisieur). Perché i cristalli di neve sono sempre e tutti a 6 punte e sono sempre delle stesse forme? Perché non cambiano forma? Sono sempre esagonali! Dietro ciò deve esserci un progetto di una Mente Infinita che ha permesso e ha creato questi disegni.

Il ragno che tesse la tela dove ha imparato a tesserla? Chi glielo ha insegnato? Forse la madre!. Ma sono stati compiuti degli esperimenti sui ragni appena nati. Sono stati separati dalla madre ma sono stati in grado di tessere le loro tele. Si potrebbe dire che il loro insegnamento lo hanno nei loro geni. Ma chi ha insegnato loro per la prima volta? Forse à stata l’evoluzione della loro specie iniziale che si è adattata all’ambiente e ha dovuto imparare a tessere la tela per poter mangiare.

Ma le regole della ”evoluzione” da dove provengono? Chi le ha dettate e perche le ha dettate? Sono regole, queste, che le ha definite l’uomo quindi possibili ad errori di valutazione.
Le regole della “creazione” sono state create dalla Chiesa quindi da uomini e quindi anche esse possibili ad errori.
Le regole dell’”intelligent design” hanno un fondamento più che ragionevole perché presuppone una mente che ha progettato tutto l’universo comprendono l’evoluzione e la creazione.

Tesi, quest’ultima, che potrebbe avvicinarsi a quella vera e che corrisponderebbe alla realtà e alla volontà del Dio unico ideatore e progettista dell’universo.

Ciò ci porterebbe a pensare ad una quarta dimensione in cui non ha senso né lo spazio né il tempo cioè una dimensione ma in cui esisterebbe l’infinito che comprende tutto ciò che conosciamo ma principalmente ciò che non conosciamo.
La non conoscenza implica l’incommensurabilità dello spazio e del tempo perché non esisterebbe né l’uno né l’altro senza inizio e senza fine proprio perché non possiamo misurarlo così come lo sono i numeri al disotto e al disopra dello “zero” ed è in questo infinito che noi, e forse altri esseri, siamo posizionati ma costretti dal tempo e dallo spazio in cui ci muoviamo e viviamo con un inizio ed una fine momentanea perché continueremo in un’altra dimensione.

Allora al di fuori dello spazio-tempo cosa esiste? La risposta è una sola:” la fede”. Fede in qualcosa che verrà.
La fede e la ragione è Uno dei temi fondamentali trattati da Agostino é quello riguardante il rapporto tra fede e ragione ; la concezione agostiniana a riguardo può essere sintetizzata nell' espressione : " Credo ut intelligam , intelligo ut credam " , ossia credo per capire e capisco per credere . In Agostino il rapporto fede e ragione non è vissuto in termini di esclusione reciproca ed é convinto che si possano intrecciare vicendevolmente ; dunque se la ragione può intrecciarsi con la fede , allora la ragione umana non é corrotta , come aveva sostenuto Tertulliano. Per Agostino solo chi ha la fede può capire fino in fondo , ma , paradossalmente , chi ha solo la fede , a sua volta , non può capire fino in fondo : fede e ragione si completano a vicenda . Per avere una piena conoscenza di una verità bisogna partire dall' atto di fede , tipico di una filosofia cristiana quale quella agostiniana : ricordiamoci che Agostino in primo luogo era cristiano , poi anche filosofo . Una volta fatto l' atto di fede , si può capire meglio e applicare la ragione .

Solo chi ha la fede può applicare la ragione fino in fondo , nel migliore dei modi . Però é solo con la ragione che si può comprendere l' atto di fede : é come se la ragione illuminasse la fede . E tuttavia la sola ragione non basta, e cercare di capire Dio con essa, rifiutando l'atto di fede, sarebbe per Agostino come voler racchiudere in una ciotola l'intero mare; tuttavia, compiuto l'atto di fede, la ragione può illuminarci e farci comprendere meglio tale gesto, sì perché in fondo sia la fede sia la ragione per Agostino hanno origine divina.

Questa concezione fortemente positiva della ragione in Agostino trova corrispondenza con la Trinità : in fondo nella Trinità la ragione umana , il logos , non é altro che un barlume del Logos divino , ossia della ragione divina : la ragione umana é una copia della seconda persona della Trinità , la sapienza ; é come se la ragione di ciascuno non fosse altro che un briciolo di divinità presente in noi .

Fede e ragione risultano quindi essere per Agostino all' incirca la stessa cosa , in quanto sono entrambi legati a Dio .

Certo talvolta nel corso della storia ci sono stati evidenti casi di contrasto tra ragione e fede , e Agostino ne era consapevole : pensiamo alla vicenda di Galileo sebbene posteriore ad Agostino : Galileo servendosi della ragione andò contro la fede . Ma Agostino ha una risposta a questo possibile contrasto : di per sè tra fede e ragione non c'é contrasto , anzi si completano , in quanto derivano entrambi da Dio ; che non siano in contrasto , però , non toglie che esse possano essere mal interpretate . Per Agostino il rapporto tra fede e ragione é un rapporto di intimità , di radicale non contraddizione.

Ripetendo il concetto di prima: siamo nelle tracce di Dio. Dove andiamo dopo la morte? Un solo posto è degno di essere immaginato e sperato. Fuori dal tempo e dallo spazio, in una globalità che contiene la definitiva visione spettacolare del creato, una festa e tripudio senza soluzione di continuità , una gratificazione e un senso di appagamento definitivo, una pace e godimento appena intuibili.

Per lo scienziato Zichichi non c’è nessun dubbio sull’esistenza di DIO:
"Nata con un atto di fede nel creato, la scienza non ha mai tradito suo Padre. Essa ha scoperto - nell'immanente - nuove leggi, nuovi fenomeni, inaspettate regolarità, senza però mai scalfire, anche in minima parte, il trascendente" "Non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l'esistenza di Dio"

E' opinione comune che le leggi dell'universo scoperte dalla Scienza siano in conflitto con quelle imperscrutabili di Dio. La contrapposizione tra Fede e Scienza rappresenta uno dei dilemmi più laceranti del nostro tempo:
un dramma che conobbe il suo primo, controverso atto, con Galileo Galilei.

In questo saggio appassionato, che si legge come un vibrante manifesto, Antonino Zichichi smentisce tale contrapposizione e la ribalta:

"Non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o negare l'esistenza di Dio".

Proprio il grande Galilei, scopritore del principio di inerzia, della relatività e delle prime leggi che reggono il creato, era credente e considerava la Scienza uno straordinario strumento per svelare i segreti di quella natura che porta le impronte di Colui che ha fatto il mondo.
E credenti erano Maxwell e Planck, due padri della fisica contemporanea, uomini che hanno aperto nuovi orizzonti sulle leggi dell'universo grazie allo studio di particelle infinitamente piccole; tanto piccole da non poter contenere traccia né di angeli né di santi, e da non poter quindi avallare, apparentemente, alcuna spiegazione razionale dell'esistenza del divino.
Ripercorrendo le grandi scoperte della scienza galileiana moderna, illustrandone con estrema chiarezza l'impulso innovatore, Zichichi dimostra come Fede e Scienza non siano in alcun modo in contrasto l'una con l'altra, e come possano essere doni distinti di Dio, espressioni delle due componenti di cui tutti siamo fatti: il Trascendente e l'Immanente. La Fede è un concetto astratto ma ci permette si conoscere, attraverso la Scienza, solo alcune verità come tutte le scoperte che ha effettuato l’uomo. Altre verità che non conosciamo le dobbiamo affidare solo alla Fede. Ed è proprio attraverso l’affidarsi alla Fede che l’uomo riesce sempre ad andare avanti e cercare, cercare e cercare.

Il giorno in cui l’uomo non cercherà più sarà l’inizio della fine del mondo e l’inizio di qualcos’altro di indefinito e di sconosciuto. Ma ciò non avverrà finché la natura dell’uomo sarà sempre dedita alla conoscenza dell’incognito.

Da qui scaturisce l’”esistenzialismo”:
E’ una corrente filosofica che si esprime nel periodo fra la I e II Guerra Mondiale e nell’immediato dopoguerra.

Dal punto di vista specificamente filosofico l’Esistenzialismo è un insieme di tendenze originali e diverse, che presentano, tuttavia, una serie di sfaccettature comuni: l’uomo è visto come un essere in continua mutazione, non dotato di un’identità chiara ma variabile durante la sua crescita, come un soggetto che ha di fronte svariate opportunità di scelte, strade diverse su cui indirizzarsi, identità nuove da assumere di volta in volta.

Ciò mette in gioco la sua autenticità, la libertà e la particolarità della sua esistenza. Ogni individuo è concepito come singolo e irripetibile, collocato in un tempo e un luogo precisi e con numerose capacità di scelta: e se questo gli dà forza, allo stesso tempo la finitezza spazio-temporale in cui vive lo limita e lo condiziona per tutta la sua esistenza.
La domanda centrale delle problematiche esistenzialiste è “che cos’è l’essere?”. Essa può essere posta in altri modi: cos’è che determina la nostra esistenza? Perché c’è l’uomo invece del nulla? L’essere è un concetto unico da cui derivano tutte le sue manifestazioni (l’uomo, le cose, ecc.)?
L’esistenza non è un problema, bensì un mistero. Un problema è infatti un qualcosa che si pone davanti a noi come un ostacolo e di cui noi possiamo perlomeno delimitarne la portata e quindi comprenderlo in via di massima. L’esistenza non si pone di fronte a noi, è anche in noi stessi, ci penetra, e dunque noi siamo sia soggetti che oggetti della domanda “che cos’è l’essere?”. Ma il concetto di essere non può venire categorizzato, perché esso stesso è l’insieme più ampio di tutti, di cui tutti gli altri insiemi fanno parte. Il fatto quindi che l’essere è in noi che fuori di noi non ci permette di dare mai una risposta definitiva al problema (o, meglio, al mistero).
Tre potrebbero essere le risposte: la prima, la più evidente, è che l’essere sia costituito dall’insieme di tutti gli esseri - cose e persone - presenti nel contesto spazio-temporale in cui viviamo; la seconda è che l’essere sia l’Io, cioè la nostra coscienza, il nostro io che si pone come altro rispetto al resto del mondo, è soggetto e non oggeto; infine può essere in-sè, ossia l’essere nelle cose e nei fenomeni che ci appaiono, negli oggetti che ci circondano, a cui però diamo un senso noi, e quindi in qualche modo derivano da noi. Nessuna di queste tre è una risposta completa: l’essere, secondo alcuni filosofi, è come se si manifestasse in parte in ogni cosa ma si cela sempre nella sua compiutezza.
Il fatto che noi ci poniamo la domanda “che cos’è l’essere?”, il fatto che andiamo in cerca di una risposta e indaghiamo la realtà nel cercarla è già di per sè una risposta. Si può dire, quindi, che si è, si esiste nel momento in cui ci si pone la domanda “perché esisto?”, “che cosa significa esistere?”. In questo modo, infatti, noi esistiamo perché il significato etimologico di esistere è ex-sistere, cioè in latino “essere fuori da”: in qualche modo cerchiamo di uscire fuori da noi stessi e guardare l’essere come qualcosa di altro, che non ci appartiene, lo analizziamo “fuori da noi” e questo è già un primo passo.
Ma oltre queste considerazioni, meramente teoriche, noi esistiamo cioè siamo “fuori da noi”, aldilà della materia, aldilà del tempo, aldilà dello spazio. Allora ricorre la domanda: esiste un’altra dimensione? E se esiste è incommensurabile fuori dalla portata della mente umana. Esisterebbe allora un altro Universo?
Se esiste bisogna capire cosa può generare un universo parallelo; questa cosa sono le dimensioni spazio-temporali per esistere un altro universo(secondo la teoria più accreditata) ci deve essere una dimensione spazio-temporale parallela, non possono esistere due universi nella stessa dimensione perché un universo alla fine occupa tutto lo spazio presente in una dimensione pertanto due corpi non possono coesistere nello stesso spazio nello stesso momento senza annichilirsi a vicenda.
quindi ipotizzando l' esistenza di dimensioni spazio-temporali alternative è possibile che esistano altri universi che possono avere conformazioni diverse dalla nostra ma pur sempre con le nostre leggi della fisica o diverse?
Quindi non è da escludere l’esistenza di uno o più Universi tutti diversi fra loro poiché non abbiamo i mezzi per poterli scoprire e perciò non si può né affermare né negare a priori tali possibilità.
L’uomo si sforza di capire o di immaginare tutti i perché, ovviamente non riuscendoci. Non abbiamo né i mezzi, né la capacità, né l’intelligenza di poter dare le risposte a tutti i perché che ci poniamo.
E se invece fosse tutto più semplice di quanto noi possiamo immaginare?
Per concludere ci dobbiamo affidare solo alla fede e alla speranza.






Dedico questi miei pensieri a Bruna, Laura e Francesca, nonché ai nonni: Vincenzo, Emma, Giovanni, Daniela.
Finito di scrivere il 20-marzo-2010 alle ore 18:25
Manlio Nazzaro Lombardi

Friday, December 24, 2010

Friday, March 31, 2006

Manlio Lombardi

IL MIO UNIVERSO?

Premessa

Tutto quello che mi circonda è vero? esiste? Le persone, gli animali, gli alberi, il mare, le montagne esistono solo per me o esistono per tutti? Quello che vivo io lo vivono anche le persone che mi circondano? Le stesse persone che mi circondano vivono la stessa vita? Vivono le stesse cose, emozioni, sentimenti, gioie, dolori, ecc.? Quello che vedo e vivo io lo vedono e lo vivono anche loro? La vivono nello stesso modo? Il mondo che mi circonda è solo per me? Le persone che mi circondano vivono diversamente da me? Vedono e vivono le cose diversamente da me?

Ammetto, per assurdo, che è solo il mio universo allora esistono mondi diversi per ognuno di noi, universi diversi e forse paralleli per ogni essere. Se è così perché questa diversità?
C’è qualche ragione perché debba essere così; c’è qualche entità o essere che vuole che sia così. E perché?
Non trovo risposta ragionevole o plausibile a queste domande!

In ogni modo questo universo esiste e credo che ognuno di noi ne ha uno per sé e se ne costruisce uno per se. Ma non per propria volontà, o forse minimamente, ma sono le condizioni esterne che modificano e modellano il nostro universo: l’ambiente in cui viviamo, le persone che ci circondano, la casualità, i cosiddetti geni ereditari, il tempo meteorologico, il luogo in cui viviamo; in altre parole è il modo in cui si vive e ci rapportiamo con il mondo esterno a noi.

Anche se tutte queste considerazioni sono meramente teoriche esiste in noi la volontà di “fare”, di modificare, di ricercare e di “vivere”.

Allora diciamo che le precedenti considerazioni sono solo un’assioma quindi esiste un solo mondo, un solo universo e tutto è condiviso da tutti allo stesso modo.

Allora esistiamo ma solo noi “genere umano” in tutto l’universo? E per quale ragione? Forse l’evoluzione di una qualsiasi forma di vita nell’Universo segue una linea temporale immensamente o infinitamente lunga e diversa da noi umani e quindi non commensurabile. Allora nel tempo pregresso e infinito si sono sviluppate altre forme di vita e si svilupperanno ancora altre forme di vita nel tempo futuro? O già esistenti nel tempo pregresso? O già presenti nel tempo futuro?

Allora mi viene da pensare: esistono nell’Universo altre forme di vita umanoidi e non, o più progredite di noi o meno progredite di noi. Credo sia impossibile che nel disegno dell’Ente Supremo nello spazio infinito dell’Universo o degli Universi abbia creato solo “questo genere umano”. Anche perché negli anni precedenti e ancora oggi ci sono testimonianze, probabilmente vere, di visite sulla Terra di alieni umanoidi. Ma poi a quale scopo dovremmo esistere solo noi “terrestri”? Non ha senso! E’ vero che l’evoluzione del genere umano, secondo Darwin e secondo anche la Chiesa, ha impiegato milioni di anni quindi, non avendo, noi, la percezione dell’infinità del tempo nulla toglie che possano esistere altre forme di vita. Anche la scienza ufficiale non nega la possibilità dell’esistenza di altri mondi e altri esseri viventi.

Ma lo scopo di tutto questo quale è? Dove finiremo? A fare cosa? Per quale scopo? La religione ci dice che lo scopo finale è quello di onorare il Creatore perché ci ha fatto dono della vita e quindi lo dovremo ringraziare in eterno ed esserne riconoscenti per sempre. Ma io non credo in un Dio che vuole essere ringraziato (sper di non dire un’eresia); credo in un Dio misericordioso e grande nella sua magnanimità che ci vorrà tutti insieme in un universo che è condiviso da tutta l’umanità, in un universo che è di tutti e in cui si è verificata la genesi dell’umanità.

Anche mia madre, spesso, si poneva queste domande. Io cercavo di rispondere che sicuramente esiste l’aldilà ed esiste un Dio buono e misericordioso. Ed esiste un “mondo” diverso dal nostro in cui tutti ci ritroveremo per godere la gloria di Dio.

ORIGINE DELL’UOMO

Praticamente ci sono tre correnti fondamentali sulla origine dell'uomo:

1- Creazionismo: uomo creato da Dio come scritto letteralmente nella Genesi. Questa corrente è sostenuta principalmente da persone religiose conservatrici (ma non solo) anche se sempre meno.

2- Evoluzione: Dio non c'entra, ma l'uomo è solo il prodotto di molteplici mutazioni del DNA avvenute, per caso, in miliardi di anni, dal primo organismo unicellulare a noi. Le creature con mutazioni utili sopravvivono e si moltiplicano quelle con mutazioni dannose (come la sindrome di down ad esempio) si estinguono. Secondo questa corrente noi siamo il prodotto di questa selezione e la nostra intelligenza deriva da geni che ci permettono di pensare. Questa è ovviamente la corrente prescelta dagli atei ma che non spiega come è iniziata la vita!
Inoltre non c’è una sola teoria dell’evoluzione ma ce ne sono diverse e secondo gli scienziati queste teorie sono spesso in contraddizione fra di loro e quindi fra gli esperti non vi è unanimità. In conclusione l’evoluzione o le evoluzioni sono da scartare poiché non sono né credibili né attendibili ma solo probabili.

3- Intelligent Design: ovvero disegno intelligente. Questa è una corrente che sta nel mezzo delle due precedenti. Ovvero l'Evoluzione è il “COME” e Dio è il PERCHÈ della creazione dell'uomo ovvero, Dio ha fatto un progetto con cui l'uomo è nato attraverso l'evoluzione 'guidata' da Dio.

In definitiva, il mito di Adamo ed Eva è un racconto ispirato da Dio per spiegare quello che nessuno ha visto. Adamo non ha lasciato nulla di scritto. Il suo nome significa "Terra" ed Eva è la "Vita". Si tratta di allegoria: Dio crea la vita in una certa forma (organismi unicellulari, etc.) e poi questa vita si evolve nell'uomo.

Quindi l'uomo che Dio crea impiega milioni di anni per diventare “Adamo”, anche perché i tempi di Dio non sono i nostri. I giorni del Genesi non sappiamo quanto durano! E non sappiamo nemmeno se sono finiti, vista la continua se pur lenta evoluzione umana. Anzi non ha senso parlare di tempo per Dio.

Il resto è allegoria: la terra da cui viene Adamo, la costola, etc.

Ma, senza considerare quanto detto prima, c’è da fare un’altra osservazione.
Nel mondo intero, in qualsiasi paese, ci sono testimonianze della fede verso qualcuno che è presente in tutte le fedi religiose.
Questo qualcuno può essere il Dio cristiano, il Dio dei buddisti, il Dio dei mussulmani o un Dio di una qualsiasi religione.

Ciò vuol dire che, comunque, si crede in un Ente Supremo che ha creato l’Universo.

Ma oltre alle religioni ci sono le testimonianze materiali che da millenni esistono sulla terra; esse sono le chiese, i monasteri e quant’altro testimoniano di un “credo” che è sempre esistito nell’animo degli uomini.

Tutte le persone che hanno costruito queste testimonianze, di qualsiasi tempo, certamente erano persone che credevano fermamente all’esistenza di un Ente Supremo che ha creato il genere umano.

Non si spiega altrimenti tutto quello che c’è intorno alle Chiese. Se così non fosse allora quegli uomini erano tutti o dei visionari o dei pazzi invasati, il che è impossibile perché ci sarebbero stati migliaia di pazzi e di visionari.

Allora, poiché tutti credevano e credono che c’è un disegno divino ben preciso, provato e affermato che “noi” esistiamo in quanto siamo stati voluti da un Dio. C’è soltanto da credere non solo alla storia ma a quelle persone che hanno testimoniato, con le loro opere dell’esistenza di un DIO.

Se teniamo presente le considerazioni precedenti sembrerebbe che comunque facciamo parte di un progetto a noi sconosciuto. Ma in ogni modo sappiamo dell’esistenza delle galassie e su di essa potrebbero esistere diverse forme di vita. Conosciamo appena la nostra galassia e non siamo sicuri che esiste solo la nostra forma di vita. Questo perché a tutt’oggi è impossibile colmare le distanze fra i diversi mondi di questa galassia. In essa esistono almeno 100 miliardi di Soli. Il diametro nella nostra Galassia è di 100.000 anni luce con uno spessore di circa 2.000 anni luce. Ricordo che 1 anno luce è la distanza percorsa in 1 anno dalla luce alla velocità di 300.000 Km al secondo. Quindi appare impossibile che in tali grandezze immense esiste solo la razza umana. Consideriamo pure che esistono, secondo le conoscenze di oggi circa 100 milioni di Galassie. La domanda, quindi, è sempre la stessa: esistiamo solo noi? Mi sembra impossibile che in tanta misura dell’Universo esiste solo il genere umano.
Questo è il mio Universo
Provo, ora, a descrivere quell’universo quotidiano come l’ho vissuto e lo vivo io.


Oggi, 12 luglio 2009 decido di raccontare la mia vita.

I miei ricordi più remoti risalgono a quando avevo 1 anno circa, negli anni 1942-1943.

Piedimonte Matese dal 17/04/1941 al 1945

La prima cosa che ricordo è che abitavo a Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese) in un appartamento al primo piano composto da due stanze e servizi. Si accedeva dalla strada attraverso un camminamento di circa 200 metri fino ad arrivare ad un portone. All’interno di questo portone c’era un cortile da cui a destra si accedeva all’appartamento in cui vivevo, a sinistra si accedeva, passando sotto una terrazza di circa 12 metri quadrati, in uno spazio da cui si accedeva ad un altro appartamento salendo una scala, abitato per un periodo di tempo dalla famiglia di mio zio Luigi Lombardi con moglie, tre figlie femmine e un maschio; mentre, salendo sulla terrazza, si accedeva ad un altro appartamento abitato da un sarto e la sua famiglia con moglie, due figli maschi e una figlia femmina.

I ricordi in quella casa mi sono chiari e nitidi. Sul terrazzo giocavo a fare il dottore con i figli di zio Luigi. Un giorno infilai la testa fra le sbarre del balcone e non riuscivo più a tirare la testa fuori. Poi, non so come, mia madre riuscì a tirarmela fuori. A detta di mia madre dopo questa bravata io me la ridevo. Fuori casa, a 50 metri c’era un calzolaio dove mio padre mi faceva creare delle scarpe, sotto la cui suola e tacco venivano fissati dei chiodi a testa tonda, si chiamavano le “centrelle” , invece alla fine del tacco veniva fissata una specie di mezza luna di acciaio. Tutto questo serviva ad aumentare la durata delle scarpe. Io mi divertivo, correndo prima e poi facendomi scivolare sulla strada con queste scarpe. Era un vero divertimento.

Molto spesso si andava in campagna dai miei nonni dove nel frattempo era venuta ad abitare zia Teresa che aveva trovato lavoro come ostetrica comunale grazie a mio padre. Dopo qualche tempo si trasferirono in un’abitazione al centro del paese sopra l’attuale tabacchino in un appartamento di due stanze.

Eravamo ancora in guerra. Quando si prevedeva un attacco aereo degli americani si andava a San Potito per rifugiarci in un ricovero sottoterra che mio nonno aveva costruito di fronte alla masseria. In uno di questi ricoveri, scavati sotto terra ricoperti con pareti di paglia, dove c’eravamo messi al sicuro, io giocavo con Gigino (mio cugino) a chi tirava dal muro di paglia lo stelo più lungo. Mio nonno Vincenzo gridava a zio Vittorio (padre di Giulia, mia cugina) di rifugiarsi immediatamente perché era imminente un attacco aereo, ma questi non ne voleva sapere perché stava raggruppando i maiali per metterli al sicuro. Sia San Potito che Piedimonte furono bombardati perché nelle vicinanze c’èra una centrale idroelettrica. In un’altra incursione aerea ci rifugiammo, sempre a San Potito presso un’abitazione privata e lì mi ricordo che Eugenio piangeva sempre, poi si calmò. Altro rifugio usato si trovava fra la masseria di San Potito e Valle Chiarelle che pure usammo.

Intanto i tedeschi, che avevano occupata tutta la zona poiché avevano bisogno di uomini a Cassino per scavare trincee cominciarono a rastrellare tutti gli uomini di Piedimonte e San Potito. Appena saputa la cosa mio padre e mio zio Carlo scapparono verso le montagne per non essere catturati dai tedeschi.

Finalmente la guerra finì e ricordo benissimo quel giorno. Suonavano le campane e la gente in mezzo alla strada gridava: è finita, è finita! Io ero seduto a terra sul balconcino di casa con le gambe infilate fra le sbarre.

In casa di Piedimonte mi ricordo che mi diedi una martellata sull’alluce sinistro ma non ne porto le conseguenze. Eugenio prese l’eczema alla testa. Dopo vari tentativi con i dottori l’eczema non regrediva ed Eugenio piangeva sempre. Allora mia madre, disperata, si recò a piedi ad Alife, dove c’era un accampamento americano e lì i dottori le diedero della cera d’api da applicare sulla testa. Dopo qualche giorno di applicazione l’eczema sparì.

Mio zio Marcello (fratello di mio padre), reduce dalla guerra in Spagna, abitava anche lui a Piedimonte in una casa di color rosa con un salone per ingresso in cui c’era la cucina a carbone, la cosiddetta “fornacella” poi si saliva una scala stretta, sulla sinistra, fino al primo piano dove, a sinistra, c’era una stanza cucina con un forno e a destra una camera da letto che affacciava sulla strada. Mio zio faceva il barbiere ed aveva il “salone” proprio sotto casa nostra. In seguito, qualche anno dopo, spesso ero nel salone ad ascoltare le avventure dei soldati che erano tornati dalla guerra. Ma oltre alla curiosità delle notizie, a volte, giocavo con mio cugino Gigino a dama.

Intanto cominciai ad andare all’asilo dalle suore. Quello che ricordo è che per attraversare le stanze dovevamo stare attenti perché alcuni bombardamenti avevano distrutto i pavimenti e si vedevano le stanze di sotto quindi dovevamo camminare rasente le pareti.

Siamo arrivati al 1945 e si cominciavano ad onorare le feste comandate, In particolare Il Natale e il Capodanno. Ci riunivamo tutti presso la casa di nonna Mariuccia, detta “l’americana” perché era stata in Argentina per diversi anni dopo aver sposato all’età di 18 anni mio nonno Ferdinando. A casa sua si mangiava e si festeggiava in particolare la fine dell’anno, quando in attesa della cena si cantava una strofetta: “aspettamme o ce ne jamme” Poi dopo cena e la tombolata tutti a gettare dai balconi e dalle finestre i cocci vecchi. Nonna Mariuccia aveva un piccolo emporio nel cortile della casa.
Un anno, i miei genitori mi mandarono in colonia all’eremo di S. Pasquale.

Mi divertii un mondo! Escursioni, giochi vari, canti, ecc. Quando ritornai a casa, mi dissero che ero dimagrito molto e mio padre rimproverò mio zio Marcello che era il responsabile della colonia per non avermi controllato sul mangiare.

Al tempo delle castagne ci fornivamo tutti di zainetto e si andava a raccoglierle in montagna in un possedimento familiare. E tutti per arrivare al posto percorrevamo un vallone cantando dei motivetti paesani.
Alla fine della raccolta le castagne, con i loro ricci, venivamo messe ad essiccare nel soffitto della casa di zio Marcello.

Nel gennaio del 1946 nacque Grazia e mi ricordo che c’erano i parenti tutti, fra cui zio Marcello che si ubriacò.

Era, per me un periodo ancora di incoscienza del pericolo difatti facevo scorribande dovunque sprezzante del pericolo. Un anno mi mandarono in colonia dalle suore di Piedimonte d’Alife dove c’era mia zia suora “Suor Carmela”.

Era andata in convento per la morte del fidanzato. Suor Carmela, in seguito, andò in un convento di Sabaudia, dove, anni dopo morì. Si era cominciata anche la pratica della sua beatificazione, poi non se ne fece più niente.

Intanto, qualche anno dopo ci trasferimmo a San Potito Sannitico.

Nel 1947 andai alla scuola elementare. Era una scuola mista: maschi e femmine. Mi piaceva andare a scuola, ma, un giorno, non ricordo per quale motivo, io e mio cugino Gigino decidemmo di non andare a scuola e così marinammo la stessa. Quello che ricordo di quella giornata era che mio cugino ed io ci mettemmo a oscillare su un cancello che era vicino all’Ufficio Postale. Non ricordo quali furono le reazioni dei nostri genitori. Un particolare ricordo è il maestro di terza elementare: portava sempre degli stivali tirai a lucido perfettamente. Nell’intervallo delle lezioni il maestro mi mandava a fare qualche commissione, o comprare il giornale (Il Roma) o altre commissioni.

In quell’anno cominciai ad avere la percezione che mio padre lavorava al Comune di San Potito e da Piedimonte ci trasferimmo in una casa a San Potito.


San Potito Sannitico dal 1948 al 1952
Questa casa era al centro del paese ed era molto grande: aveva tre piani tutti per noi, aveva 11 stanze. Ed era così conformata: aveva un grande portone d’ingresso da cui si accedeva in una stanza che faceva da atrio per andare ai piani superiori o al bagno o al giardino con annesso salone con forno a legna e “fornacella”. A sinistra si accedeva ad una scala per andare al primo piano.
La prima era una sala enorme di circa 30 metri quadrati adibita a tinello fu arredata da un mobile cucina di color verde chiaro e verde scuro, un tavolo al centro e due lettini dove dormivamo io ed Eugenio, da questa si accedeva, sulla sinistra nella camera da letto matrimoniale dove dormivano i miei genitori e Grazia, molto grande, e da essa si usciva fuori un balcone.

Dalla stanza centrale, in fondo a sinistra si entrava nella cucina anche questa molto grande in cui nell’angolo in fondo c’era un grande camino, sulla parete di sinistra la zona lavoro (in quel periodo i miei acquistarono la cucina “pibigas”), nella parete di sinistra vi era ricavato un incavo dove veniva poggiato il recipiente dell’acqua. In fondo a destra si scendevano 4-5 gradini per arrivare alla legnaia sotto il pavimento nella zona del camino. Da questi gradini c’era un portoncino di servizio per uscire verso la strada.

In fondo alla stanza centrale, a destra, si saliva al secondo piano che era così composto: una stanza centrale della stesa grandezza del primo piano ma diviso da un mobile antico di colore scuro in cui vi erano alcune cose dei proprietari della casa (ricordo delle statue di santi racchiusi nelle campane di vetro.) Di fronte alle scale c’era, dopo 3 gradini un’altra stanza che all’inizio fu adoperata come camera da letto dei miei genitori, ma sentendo alcuni rumori sospetti scesero al primo piano. Difatti il giorno dopo crollò il soffitto e tale stanza fu adoperata per mettere a seccare gli insaccati, salsicce e prosciutti. In fondo a sinistra di questa stanza centrale del primo piano si salivano tre gradini per accedere ad un’altra stanza dove mio padre preparava e trattava il vino in damigiane da 25 e 50 litri.

I giochi che praticavamo erano con i tappi di metallo delle bottiglie. Poi dopo che fu istituita la nuova lira si giocava con le vecchie monete del conio fascista.

La guerra era finita ma c’erano ancora i tedeschi che stavano smantellando e distruggendo tutto mentre gli americani avanzavano e finalmente giunsero anche a San Potito. Quello che ricordo dei soldati americani è che essi giocavano a pallone nella piazza davanti al Municipio. Io, mi diceva mia madre, li chiamavo “miglirisi”, chissà perché. Inoltre quando giocavano a pallone, mi presero come mascotte e come raccattapalle.

Spesso andavo a guardare alcuni artigiani intenti al loro lavoro: calzolai, stagnino e mi incantavo a guardare il loro lavoro: il calzolaio aveva un banchetto di lavoro basso e una sediolina, aveva un grembiule per non sporcarsi e di lato al banchetto vi erano tutti gli attrezzi; lo stagnino fondeva l’alluminio e rivestiva le pentole all’interno con l’alluminio fuso, poi martellava il metallo allo stato pastoso per farlo aderire meglio.

Ma ciò che mi è rimasto più impresso era la sensazione di vivere in un mondo ancora ovattato senza nessun problema di sorta e tutto da scoprire. Quello che mi è rimasto come lontano ricordo, ma piacevole, era l’odore inebriante del pane, dei sapori, degli odori di un ambiente ancora bucolico, l’odore delle piante e in particolare l’odore del muschio che raccoglievamo in collina per addobbare il presepe a Natale.
Il presepe che costruiva babbo mi sembrava enorme e affascinante. In vece al paese c’era un artista che ogni anno costruiva un presepe enorme in salone altrettanto enorme con le statuine in movimento, l’acqua che scorreva, le luci dentro la casette e un cielo enorme formato da tante stelline che si accendevano e si spegnevano.

A proposito del pane, poiché si era in un periodo post-bellico, per approvvigionarci del pane il Comune aveva dato alle famiglie delle tessere da spendere presso un fornaio convenzionato. Toccava a me andare a prendere il pane; ma un giorno andando dal fornaio persi una tessera e ricordo che fui rimproverato, in modo bonario da mio padre. In effetti, con un’altra tessera andai a prendere il pane.

Comunque erano tempi in cui scarseggiavano gli alimenti. Ma mio padre riusciva comunque a procurarsi il necessario. Ricordo dei grandi barattoli, avuti dagli americani, in cui c’era marmellata, crema di nocciole americane (manìs) e altro ancora. A me piaceva molto la crema di nocciole.

Quando gli Americani se ne andarono, tutto sembrava tornare alla normalità. E, in effetti, il paese e la gente non parlava più della guerra.
Erano rimasti solo i segni dei bombardamenti. Qualche casa distrutta. La centrale ENEL fu riattivata.

Nel 1948 venne al paese una compagnia di teatranti che furono ospitati nella nostra grande casa. Avevano delle casse enormi che contenevano i costumi per le scene. Allestirono uno spettacolo al piccolo teatro del paese. La recita era la vita di S. Rita da Cascia. A loro mancavano dei ragazzini che interpretassero i figli di S. Rita. Non ricordo per quale motivo, ma io e mio cugino Luigi fummo scelti per interpretare i figli della santa.

Dovemmo imparare la nostra parte e a me toccò la parte più lunga. Venne il giorno della recita, che fu replicata più volte e, momento comico e allo stesso tempo imbarazzate, durante la recita delle mie parti spesso mi si calava la calzamaglia ma io, noncurante, la alzavo e andavo avanti con la recita. Fu un trionfo: applausi per tutti alla fine di ogni recita.

Negli stessi locali dove c’era il teatrino ricordo che c’era un pastificio che visitavo spesso e quello che mi impressionava erano dei grandi ventilatori, in enormi saloni, che servivano per essiccare la pasta appena uscita dalle filiere. Vedevo quindi lunghi spaghetti appesi in più filari e che si muovevano ondeggiando come un campo di grano maturo sotto l’effetto del vento.

Nel 1950 feci la mia prima esperienza di assistere alla morte di mia nonna Assunta (la madre di mia madre). Mia nonna, di ritorno da Roma, in occasione del Giubileo, si fermò nella nostra casa di S. Potito Sannitico e lì si sentì male e quindi la portarono nella sua casa di campagna dove, qualche giorno dopo, dopo sofferenze, morì. Sentii un urlo di mia madre e a qual grido io corsi come una furia verso di lei: era morta mia nonna.

Siamo nel 1952. Spesso, dalla casa del paese, andavamo in campagna nella casa di nonno Vincenzo (noi lo chiamavamo papà Vincenzo). Lì passavo del tempo a giocare con i miei fratelli. Nella casa dei nonni abitavano i miei zii: Teresa (sorella di mamma) e Carlo il marito di zia Teresa con il figlio Luigi “Gigino”. Quando zia Teresa non c’era Gigino mi faceva vedere alcuni libri di ginecologia della zia. In seguito zia Teresa prese casa nel paese. Per accedere alla casa dove abitavano si entrava in un portoncino che portava a delle scale strette e si entrava in casa che era costituita da 3 camere.

Durante l’estate mio nonno Vincenzo, che aveva coltivato piante di tabacco, ci invitava a “insertare“ le foglie che poi venivano messe a seccare su degli appositi appoggi. Spesso andavo presso un appezzamento di terreno chiamato “Valle Chiarelle” dove si coltivava il grano.
Lì mio nonno costruì un capanno sotto una pianta di sorbe per ripararsi dal sole o per fare la guardia durante la notte perché oltre al grano c’era anche un vigneto. Poi nel periodo della mietitura mio nonno ingaggiava degli operai per falciare il grano e farne dei piccoli covoni che erano caricati sul carro con i buoi e portato alla masseria di via Sala.

Dopo la raccolta di tutto il grano veniva una trebbiatrice e allora era un gran momento. C’erano gli operai che, prima, preparavano la macchina collegandola, con una grande cinghia, ad una puleggia del trattore poi, una volta messa in funzione dalla macchina inizia l’operazione di trebbiatura. I piccoli covoni erano immessi in una tramoggia e alla fine, dall’altra parte della macchina, c’era una bocca da cui uscivano i chicchi di grano.

Una cosa importante era il controllo del riempimento dei sacchi perché bisognava mettere un altro sacco appena riempito il precedente. Ricordo che mio nonno mi mise al controllo del riempimento e di avvisarlo quando i sacchi erano quasi pieni. A mezzogiorno c’era la pausa. Tutti a mangiare un pranzo offerto dal nonno. Alla fine della giornata tutti a cantare e a bere del buon vino. Quello che rimaneva erano sacchi pieni di grano e grossi covoni, cosiddetti “mete di paglia”.

Qualche volta rimanevo diversi giorni dai nonni e mi piacevano tanto le chiacchierate serali al chiar di luna con la nonna Assunta. Andavo a dormire su un grande letto con due materassi: uno di lana e sopra uno di foglie di granturco (in dialetto: foglie di sbreglie); si dormiva in modo meraviglioso.

Di fronte casa nostra di San Potito c’era un circolo di ritrovo, dove spesso vi andavo ad ascoltare le storie dei soci. Fu quello il periodo in cui conobbi le gomme masticanti. Nel circolo qualcuno me ne offrì una, una piccola tavoletta di color rosa. Cominciai a masticarla: mi piaceva il sapore. Ma dopo poco non sapevo cosa fare, mi sembrava logico ingoiarla ma mi venne un dubbio e quindi la gettai via.

Era quello il periodo in cui comparvero le prime figurine. Rappresentavano o immagini di vario tipo o immagini dei calciatori. Cominciò, così, il gioco delle figurine. O si scambiavano oppure una, due o più figurine di ogni giocatore si mettevano capovolte in un unico mazzetto ricurvo e con il battito della mano vicino ad esse e chi riusciva, con il vento provocato dal battito, a capovolgerle prendeva tutto il mazzetto.

Ogni tanto andavo da mio padre che lavorava al Municipio come applicato di segreteria (una specie di vice segretario). Quello che ricordo, quando veniva la gente per dei certificati, mio padre era molto ben visto. Lo chiamavano: “don Vincenzino”. La stanza dove lavorava era enorme e, fra le altre cose ricordo della macchina da scrivere Olivetti enorme e lucida. Quando mio padre doveva produrre dei documenti a macchina mi meravigliava le sua velocità nella battitura e non riuscivo a capire perché era così veloce.

Una volta mi capitò di assistere ad una gara di appalto nella stanza del Segretario comunale. Alla presenza del Segretario, di mio padre e di altri funzionari nonché gli offerenti che partecipavano alla gara; si aprì la gara delle offerte. Una volta aperte le buste delle offerte si procedeva, di volta in volta ad una procedura di eventuali altre offerte col metodo dei cerini. Si accendeva un cerino e se nessuno presentava altre offerte, fino alla consumazione del cerino, la gara veniva aggiudicata alla ditta che aveva presentato l’offerta.

Spesso mio padre non era d’accordo su alcuni tipi di scelte che faceva il Segretario comunale. In effetti, mio padre, ligio al dovere ed alla legalità, entrava spesso in conflitto con il Segretario. Questo fù uno dei motivi che indussero, in seguito, nel 1957, mio padre ad emigrare tutti in Argentina.

Spesso andavo a guardare alcuni artigiani intenti al loro lavoro: calzolai, stagnino e mi incantavo a guardare il loro lavoro.
Ma ciò che mi è rimasto più impresso era la sensazione di vivere in un mondo ancora ovattato senza nessun problema di sorta. Quello che mi è rimasto come lontano ricordo, ma piacevole, era l’odore inebriante del pane, dei sapori, degli odori di un ambiente ancora bucolico.

Spesso, nel pomeriggio, uscivo da casa per escursioni varie nel paese. Una volta mi accorsi che si era fatto tardi e per non essere visto da mio padre pensai di rientrare dal giardino, così potevo dire che stavo nel giardino. Presi ad andare, attraverso dei giardini privati, per entrare nel nostro giardino.
Ma, arrivato vicino al nostro giardino, mi accorsi che il cancello era chiuso; quindi l’unica soluzione era quella di scavalcare il cancello, alto 3 metri. Nello scavalcare il cancello una delle lance mi lacerò il pantalone. Rientrai dal giardino ma i miei si accorsero dello strappo e quindi: rimprovero.

Nel nostro giardino c’erano dei residuati bellici di cui nessuno si era accorto. Bossoli piccoli, dovevano essere di fucile e bossoli grandi, dovevano essere di cannone. Erano intatti. Non ricordo come ma, lentamente, smontai i proiettili e ne svuotavo il contenuto: era come se fossero tanti spaghetti (incendiari). Ciò che ne facevo dei proiettili era quello di venderli al “ferrovecchio”.

Un giorno in paese si sentì una grossa deflagrazione: era scoppiata una bomba! Andai a vedere e dissero che era morto un ragazzino. Guardando la zona dell’esplosione notai un dito umano. Non mi impressionai per niente.

Nello stesso periodo a Gioia Sannitica, dove abitava mia zia Maria con la sua famiglia successe una tragedia. Era scoppiata un’altra bomba in cui rimase ucciso un mio cugino, Franco, e un suo compagno che rimase vivo ma con il volto completamente sfregiato.
Mio padre si giocò l’avvenimento al lotto e vinse 60.000 lire di cui una parte la diede a zia Maria, madre di Franco.

Nel 1953 mio padre ebbe assegnata una casa, in qualità di dipendente di un Ente Locale, dall’Assicurazione I.N.A. a Piedimonte d’Alife, oggi Piedimonte Matese.

L’appartamento era al quarto piano ed era molto grande. Consisteva di un piccolo ingresso in cui c’era uno sgabuzzino e da cui si accedeva, di fronte, in un salone di circa 25 mq, a sinistra si accedeva in un corridoio. A sinistra del corridoio vi era una cucina grande a forma di “L” e da cui si accedeva in un balcone. Sempre nel corridoio vi erano, in fondo, il bagno, a sinistra una camera che fu destinata a Grazia, mia sorella, a destra un’altra stanza destinata a me ed a mio fratello Eugenio ed in fondo a tutto la camera da letto dei miei genitori. Dal lato delle camere da letto si accedeva ad un balcone lungo quanto tutto l’appartamento, circa 15 metri.

La vita, in quel periodo, è stata piena di esperienze negative, fortunatamente poche, e di esperienze positive, molte. Quello che più mi piaceva erano le escursioni in montagna. Diverse volte con i miei fratelli ci avventuravamo verso la sorgente del fiume Torano. Ma ciò non mi bastava per cui decisi di avventurarci oltre la sorgente attraverso un pianoro e poi attraverso una gola molto stretta, era una frattura tettonica molto grande, larga da 1 metro a 20 metri, il cui fondo era attraversato da un ruscello. La prima volta incontrammo, nella gola, un ostacolo che sembrava insormontabile. Era una specie di monticello alto e ripido di circa 10 metri. Allora ero di fronte ad una scelta: o tentare di sormontarlo o rinunciare. A sinistra di questo monticello vi era uno spazio in cui appariva un pozzo naturale, quasi al buio, nel quale cascava un ruscello. Rimasi incantato a guardare la cascatella di acqua.
Decisi, allora, di proseguire. Ci arrampicammo su questo monticello e, alla fine, quello che ci apparve era incantevole come in un modo di fiabe: una gola molto stretta le cui pareti lisce erano a picco verso l’alto mentre alla base scorreva un ruscello fra sassi grandissimi e piccoli di color verde smeraldo. Si doveva camminare sul ruscello facendo saltelli sui sassi che, per buona parte erano ricoperti da muschio. In un tratto, molto stretto e angusto, si doveva camminare piegati verso il lato destro la cui larghezza era di circa mezzo metro. Alla fine le pareti si allargavano e ci trovammo in uno spazio enorme con pareti rocciose verticali alte circa 200 metri dalla cui parete di sinistra scendeva una cascata di acqua non molto grande ma molto bella perché, ad un certo punto della caduta l’acqua si trasformava in tante goccioline che riflettevano il verde della vegetazione e finiva in un piccolo laghetto anch’esso colorato di verde.
Avrei voluto proseguire ancora oltre perché la gola era grande e continuava ancora avanti. Ma si era fatto tardi e decidemmo di ritornare indietro. In seguito ci ritornai diverse volte da solo ed una volta ci andammo anche con i miei genitori. Oltre a queste escursioni a volte si andava con la famiglia, con parenti e conoscenti alla sorgente per fare pic-nic. Alla fine del pic-nic si mangiava un’anguria che precedentemente era stata messa al fresco nell’acqua della sorgente.

Poiché mio padre aveva acquistato una moto (una Norton 500) spesso andavamo tutti e cinque, sulla moto, a fare pic-nic sul Matese, presso una piana, vicino al lago con una sorgente di acqua freddissima.
A volte si andava in comitiva con zio Luigi e famiglia, e con la famiglia di un conoscente, maresciallo in pensione Altre volte con la famiglia di zia Teresa che insieme a noi facevamo il bagno nel lago (incoscienti!). Intanto in seconda media fui “bocciato” con quattro materie e dovetti ripetere l’anno. Non capivo il modo in cui i professori spiegavano le lezioni, specialmente quelle di latino. Conseguita la terza media andai al Ginnasio e lì altri problemi! Però quello che mi appassionava era la matematica e l’Italiano.

Al quinto ginnasio i miei decisero di mandarmi al liceo Pietro Giannone di Caserta. Ma dopo circa un anno capii che il classico non faceva per me e quindi nel 1960 cambiai indirizzo: Istituto Industriale con un escursus positivo fino al diploma.

Un anno venne, come ospite a casa nostra, Gigino. Andavamo spesso a passeggio per il paese. Un giorno seguimmo una bella donna e dietro di lei cominciammo ad apostrofarla con degli epitoti fra i quali le dicevamo, sperando di non essere ascoltati: “che gambe pelose”. Il giorno dopo quando io e Gigino ci ritirammo a casa ci aspettava una “sorpresa”. Mio padre cominciò a rimproverarci delle frasi che avevamo profferito a quella signora.
Allora mio padre voleva impartirci una lezione quindi minaccioso voleva, in qualche modo, picchiarci. Cominciammo a correre intorno al tavolo inseguiti da mio padre. Ma non se ne fece niente altro che un solenne rimprovero.

Cosa era successo? Il marito di quella signora aveva saputo, dalla moglie, del nostro comportamento e si era lamentato con mio padre.
Nel 1965, per contrasti fra mio padre e il segretario comunale del Municipio di S. Potito Sannitico, i miei genitori pensarono di emigrare in Argentina anche sotto l’insistenza di mio zio Marcello che ci invitava ad andare a Buenos Aires dove era facile trovare lavoro. Così sembrava, ma poi non risultò tanto vero. Comunque l’11 aprile del 1957 ci imbarcammo sul bastimento Salta, appena 10.000 tonnellate.

Qui interrompo il mio racconto perché mentre mettevo in ordine i documenti e le cartelle di babbo mi ha incuriosito un grosso quaderno di computisteria. Sorpresa, al suo interno, scritto a mano e con calligrafia di babbo, sono riportati alcuni episodi dell’”avventura” fatta i Argentina e del primo periodo del ritorno in Italia.

E’ una narrazione ubiquitaria (nel tempo e nel luogo) di eventi della vita quotidiana in quella città sudamericana. Per me è stato un interesse diversificato presente nel “continuum” che va dalla riflessione teorica (pensieri su se stesso) a momenti di vita reale (durezza di una vita nuova piena di incognite e di sorprese).
Credo che sia stata una descrizione importante per babbo: come se fosse stata un autoterapia delle emozioni negative e dei momenti trascorsi in Argentina e il ritorno in Italia. E’, secondo me, anche una forma di memoria perenne di cui noi dobbiamo tener sempre presente, leggerla di tanto in tanto e meditare con attenzione soffermandosi su alcune frasi.

Ad una prima e veloce lettura mi è parso che fosse solamente una cronaca dei fatti svoltisi a Buenos Ajres. Ma, poi, ad una lettura più completa e attenta ho notato, in quelle righe, che c’erano dei pensieri molto profondi delle nostre disavventure; spesso ho notato un addossarsi la causa di ciò che ci era capitato e di essere stata sua la causa della nostra disavventura (e qui si fa un’autocritica, credo, molto vera, a volte patetica, ma obiettiva).

Fra l’altro, con quel suo modo semplice e sincero di esprimersi ho notato un continuo pathos per averci messo in quelle condizioni di estremo disagio che, noi figli non abbiamo percepito per niente, senza farci pesare, né notare quella situazione di incertezza del futuro e di quasi povertà, cosa che ho capito solo adesso leggendo le sue righe.

Il suo scritto, a mio giudizio, è stato come voler affidare le sue ansie sulla carta quasi come se fosse una confidente e molte cose, secondo me, non le sapeva nemmeno mamma come per esempio il rammaricarsi di compleanni “muti” di “lavoro” che non trovava né in Argentina, né in Italia quando siamo tornati. Ha sopportato tutto con serena rassegnazione e con la speranza di un futuro migliore.

Credo che babbo abbia conservato questo suo scritto non per solo ricordo ma, forse, con la speranza che qualcuno di noi figli o di qualche nipote lo leggesse un giorno e meditasse con attenzione su di esso.
In effetti, io non ho provato dolore ma una gran pena per le sue sofferenze sopportate con estrema dignità e un grande insegnamento di vita quando questa ci riserva delle situazioni a noi non piacevoli; difatti il suo ricorrente aiuto è stato quello di rivolgersi a “NOSTRO SIGNORE”, con una rassegnazione ed una fortissima fede che le cose prima o poi dovevano migliorare.
Infatti, così è stato: dopo tanto tribolare, specialmente quando, tornati in Italia, non trovava lavoro riuscì a lavorare, in modo stabile nell’orfanotrofio di Don Mario Vallarella. Difatti le sue righe finiscono al momento in cui ebbe la fortuna di avere questo nuovo lavoro.

Ma anche in quelle condizioni di disagio sia a Frattaminore da zia Teresa sia a S. Leucio, che noi non abbiamo mai notato, o meglio non ci è stato fatto mai notare, abbiamo condotto una vita dignitosa e senza che ci mancasse niente ma lo stretto necessario.

Ma quello che più mi ha colpito della tenacia di mio padre è stata la continua ricerca di lavoro con tutte le difficoltà dei casi sia in Argentina che in Italia. Quel suo muoversi continuo da una persona all’altra e la costanza e la caparbietà di una ricerca incessante di uno sbocco per il lavoro sia pure con le difficoltà economiche e contingenti di quei momenti di difficoltà economiche.

Ho letto quelle righe più volte e più le leggevo e più mi sono convinto come se fossero state un testamento morale e un insegnamento per superare le difficoltà della vita per cui si deve sempre sperare e avere la “fede” di non disperare mai anche nei momenti di debolezza per cui la memoria non ha nessun valore se si limita al semplice ricordo ma spesso ricordata per meditare su di essa..

GRAZIE BABBO, GRAZIE MAMMA!


Qui di seguito riporto integralmente il diario di mio padre dalla patenza per l’Argentina, permanenza e ritorno in Italia:

12/11/57
Pessimo viaggio da Santos a Montevideo. Pranzo pochino. Grazia ha mangiato meno di tutti. Giunti in Buenos Ajres. Dal modo di vestire di Fernando ho notato che si sta arretrati di vari anni.

14/11/57
Viene Merola Angelo con la bombetta e noto, dal modo di vestire, che deve stare bene.

15/11/57
Quarantatreesimo compleanno. Prevedo da oggi che ritorneremo in Italia.

16/11/57
Viene Antonucci Alfonsina ed è tale e quale come quando se ne andò da S. Potito Sannitico

18/11/57 23/11/57
Inizio la pratica per ritirarmi il pianoforte dalla dogana del porto. Quello che ho passato è indescrivibile. Non hanno mai visto cosa simile? Proseguo le pratiche per lo sdoganamento, come un cane, senza l’appoggio di nessuno in compagnia di Manlio, ma sono convinto dell’intento. E’ peggio della cortina di ferro. Qui si sta in cortina d’acciaio.

24/11/57
Da Maria per comprare una casa nel deserto?

26/11/57
Tutti, meno Emma e Grazia, siamo andati da Marcello dove ho notato che mio fratello si è costruito casa, meglio degli altri. E’ un italiano!. Abbiamo mangiato all’italiana.
27/11/57
Manlio ed Eugenio iniziano un umile lavoro. Manlio nella tipografia di Fernando ed Eugenio in una officina elettromeccanica. Sposalizio di Nando ed Ines . Americanata, tanto sfarzo e niente sostanza.

29/11/57
Vado con la vedova Merola per trovare casa per noi. Peggio di un tugurio.

1/12/57
La notte, di soprassalto, mi sveglio ed al collo mi ritrovo uno scarafaggio. Che schifo di casa. Siamo alloggiati in casa di mia madre. Con un cortile interno e porte che danno alle stanze: un cucinino a carbone, un bagno in comune con il conte Sforza, una camera dove alloggiano mia madre, Luisa, Lucia e Gino quando viene dal convitto, un’altra stanza dove alloggiamo noi.
2/12/57
Da Fernando. Ma che accoglimento!!! Ritorno a casa

2/12/57
Eugenio mentre sta sveglio dal soffitto gli cade uno scarafaggio sui piedi. Alla scuola italiana “Cristoforo Colombo” per riprendere gli studi. Ma anche corso serale per apprendere la lingua Argentina (pochi giorni).

5/12/57
Andiamo a trovare zio Michele Golini. Il figlio, Luigi, ha una fabbrica di bomboniere e di dolciumi. Stanno meglio dei Lombardi. Stanno benissimo. Perché non hanno fatto anche i miei così? Sono i veri colpevoli? Meno Marcello.


5/12/57
Mamma ha palesato la prima noia di noi.

7/12/57
Mamma: “ma che hanno la raggia?”; ciò in merito alla zuppa finita da Grazia. Che mamma…

8/12/57
Per evitare che Eugenio, influenzato, non mi attaccasse ho preferito andare io a pompare l’acqua a Castellana . Ma credo che siano stati a dormire quando hanno comprato quel terreno in quella località molto lontana sia mamma che papà. Giorno della festa a Piedimonte ed io col sole cocente a tirare acqua col pompone.

9/12/57
Inizio a fare dei documenti per le carte di identità argentine. Ogni cittadino, in quell’ufficio sembrava sequestrato, ogni notizia documentata. Ma non sarà cosa per noi. E’ meglio pane e cipolla ma libertà: aria, sole , luce e vita.

10/12/57
Inizio, tramite Marcello, per far entrare Manlio ed io in una fabbrica. Attesa snervante, ecc. Emma, poverina non è una schiava, ma la colpa è mia o della casa? Ma ce ne andremo. Dove? Qui non ci resteremo di certo. Dal Console per la pratica dei passaporti.

11/12/57
Dal direttore del cotonificio Nazionale per l’impiego. Raccomandata al Sindaco di S. Potito Sannitico.


12/12/57
Dalla Direzione del Cotonificio: Manlio è assunto, vi lavorerà per il tempo necessario. Raccomandata al Prefetto di Caserta.

13/12/57
Dal Console italiano per i passaporti italiani. Domani il 40° compleanno di Emma.

14/12/57
Muto e silenzioso il compleanno di Emma.
16/12/57
Cruda risposta di Luigi in merito alla mia intenzione di ritornare in Italia. E’ certamente perché si sarà offeso perché ho dato l’incarico delle case a Palmieri e non a lui. Ma lui lo sapeva benissimo perché glielo dissi a casa sua.


20/12/57
Sono andato da Sisto per ottenere un posto come “verdulero”

21/12/57
Da solo, come un cane, mi son trovato un lavoro nella Casa Nugnez. Stiratore.

22/12/57
Siamo andati da Marcello a pranzo. Si è vista una macchina completa per tessere la lana. Pesos 55.000 al contratto. Carissima.

23/12/57
Antivigilia del S. Natale. Ho iniziato il lavoro nella casa Nugnez. Otto ore di lavoro continuo con un ferro da stiro dal peso di 6 o sette chili. Che pena… Emma anche lei ha cominciato a cucire le camicie per la stessa casa. “Emma perdonami di tale situazione”. Non è tutta colpa mia.

24/12/57
Vigilia di Natale. Si crepa dal caldo.

25/12/57
Natale 1957. Tutti in riga meno la famiglia di Fernando.

27/12/57
Ferro alle 12.15 per ultimare la camicia.

28/12/57
Emma da Console per eventuale rimpatrio.




1/1/58
Che bella fine d’anno! Siamo restati soli. C’è la ragione. Non voglio ricordare l’anno trascorso, altrimenti perderei la memoria.

4/1/58
Il sogno di S. Gennaro.

6/1/58
Epifania nella tristezza. Mi duole non per me ma per aver notato i volti tristi dei ragazzi, specie quello di Grazia. Che enorme differenza!.... Sono andato a lavoro, come al solito. Che strana cosa è la vita.

8/1/58
Ho sognato: mentre stavo al mercato in Piedimonte doveva farsi notare N.S.A.G.P .. Ed appena ho visto l’ombra mi sono sollevato da terra per due metri ed ho implorato “grazia” per ritornare in Italia.

11/1/58
Da Marcello. Lettera di Luigi (scusa con l’inquilino) se mi seguiterà a molestare anche lui perderà. E’ il solito, non è cattivo, ma lo diventa con l’impulso della moglie e di Fiorinda. Ha domandato perché dei cinque anni di pigione. Mamma?

12/1/58
Dopo dormito al pomeriggio ho sognato che Marcello era venuto a prendere la mobilia con un carro funebre.

13/1/58
Brutta notizia di Manlio in merito alla radiografia. Ma non hanno saputo leggere perché la sua pleura era già calcificata da otto anni e quindi niente di importante. Mamma ha dato da bere birra a Fernando a Maria e marito ma non ha invitato me. Hanno tolto il pezzo di sapone per la faccia dal bagno. Imparo sempre più a conoscere la vita.

14/1/58
Ho scritto a Tonino Bianchi per un eventuale collocamento ed alle signorine Altobelli per renderle noto di non venire a Buenos Ajres.

16/1/58
Casa Nugnez manda in vacanze il personale e mi danno la mercede: 614 pesos. Marcello Golini in sogno: mi dice che lui sta provvisorio e secondo Loffredo lo faranno effettivo. Brutto sogno.


17/1/58
Vado alla Polizia e mi dicono che devo andare il 20 c.m. Ho un presentimento che non mi danno il passaporto. Brutto sogno: da una volpe che stavo inseguendo si è trasformata come il capo di Eugenio. Suggestione della discussione sulla sua influenza di Eugenio e dei risultati (risultati negativi) di Manlio. Cinquecento pesos a mamma. Tutti a spasso. Come finirà?

19/1/58
Mamma di ritorno da Maria (l’infermiera): “mo li piglio addò li trovo”. Luisa avendo mangiato con noi non ha pensato al “peperino”; e questa: ho trovato una banana. Ne aveva 12 altre. Le susine che Maria ha non le fanno mancare. Quando si stanno perdendo le caccia e le fa mangiare ai miei. E’ umanità? Poi dopo aver fatto il panettone e non lo fatto provare ai nipoti lo porta a Beatrice?

22/1/58
Sento la chiamata delle suore di S. Paolo. Finalmente ho avuto il passaporto. Dio sia lodato. Ho sognato: in chiesa a Piedimonte per la festa alla SS. Immacolata.

24/1/58
Si perde ma non dà a Grazia un pò di dolce. Con l’intercessione della Madonna e della Carmen ho ottenuto un gran favore: rimpatrio per i ragazzi. Dio sia benedetto.

25/1/58
Iniziato le pratiche per il ritorno in Italia. Emma ed io con i passaporti argentini; i ragazzi con passaporti italiani.
29/1/58
Avevo fede in merito alle parole di mamma in merito al colloquio con Maria, ma oggi si è svelata con la questione dei bottoni di S. Vincenzo. Si profilano non cose buone.

30/1/58
Compleanno di Grazia: in silenzio assoluto. Pareva che stava sempre mesta, penso che sapeva; ma data la situazione attuale ha preferito chiudersi in sé e riflettere. E’ la vita!



31/1/58
Grazia ha rotto un piatto. “mani di merda” dice la nonna. Non ho comprato carne per economia. Ho comprato un piatto. Stiamo in pace.

1/2/58
Pranzo da zio Michele. Che buone persone.
4/2/58
Emma ha ottenuto il passaporto.

6/2/58
Ho fede nella divina provvidenza e spero presto nel rimpatrio. Deo gatias. Prima il disprezzo. Con la camicia di Sforza. Poi vedo il lavoro mio e di Emma, ci hanno tolto la possibilità di guadagnarci qualche pesos!!! Ripreso il lavoro. Manlio non ha trovato nulla malgrado i suoi viaggi… D’Orsi Luigi ci ha fatto visita e ci ha invitati a casa sua.

8/2/58
Raccomandazione delle Paolione.

11/2/58
Manca l’aria. C’è bisogno di uscire. Oppressione.

13/2/58
Sono arrivate le cartoline del compare Bianchi: Bellini Sisto che molesta la moglie altrui, poveraccio.

14/2/58
Mamma ha dato una mezza pizza. E’ perché stava sola???? Visita medica a Manlio per il rimpatrio. Ho dovuto riparare l’ira di Emma parlando col dottore e col capitano Giugliani . Deo gratias.


16/2/58
Sono un marito scemo, pazzo, credulone.

17/2/58
Che Carnevale da imbecilli. Sforza mi ha preso in giro col ristorante. Così ha detto che devo vedermi alle 3 di mattino. Che pazzo lui, che scemo io. Altra esperienza della vita notturna come lavapiatti.
18/2/58
Nella confessione nella chiesa di S. Salvatore: torni, torni subito in Italia.

19/2/58
Molti vengono a vedere ciò che devo vendere, per fare soldi. Nessuno compra. Altre bugie del “Conte Sforza”.



20/2/58
Grazie a Dio le cose per la partenza vanno bene; devo andare sabato dal Console. Devo pagare i tre viaggi in Italia. Ho venduto la fisarmonica: 45.600 pesos (buon affare).

22/2/58
Ho fissato la partenza per il giorno 11/3/58 dopo giusto 18 anni dall’avvenuto matrimonio.

24/2/58
Dal dottore per il dolore alla mano. Dovuto al pesante ferro da stiro. Niente di particolare. Non ho voglia più di seguitare a fare ciò che stavo facendo “lo stiratore”.

26/2/58
Ho consegnato a mamma i miei filatelici.

27/2/58
Mamma sogna. Da Fiorinda una donna morta.

28/2/58
Come al solito. Mamma eccesso di sorveglianza sulle nipoti Maria e Luisa che mi sembrano oppresse. Dopo un giorno di lavare, di studio Luisa è andata alla via Crucis e ritardando un po’ con Maria che l’è andata incontro e non avendola trovata quando è tornata mamma ha picchiato Luisa. Che effetto ci può essere? Luisa è veramente una santa ragazza. Cosa aspetta il padre a ritirarsela?

1/3/58
Controllo alla pesa. Vincenzo Kg 64, Manlio Kg 61,500, Eugenio Kg. 56, Grazia Kg 34,500.




2/3/58
In sogno: il Parroco Grillo mi dice “il posto ti sta aspettando, domandando ho voluto riferirmi a segretario del comitato feste Maria SS. Immacolata”. E’, che mi interessa un posto di lavoro.

3/3/58
Lunga discussione con Maria in merito al prestito Palmieri per le case di mamma. Luigi può anche aver invitato da mamma a pagare fino a che non trovi lavoro. Le case I.N.A. per mio conto in Piedimonte, per il fatto dei soldi di mammà, è lei che ha avuto la moneta, è lei che dispone e nulla più. Maria si è presa la bicicletta dei ragazzi per 1.500 pesos. Sforza il pianoforte e il toccadisco (giradischi), per la moneta la troverò in Italia: 11.000 pesos. Ho pagato il resto dei due viaggi: 17.900 pesos.

4/3/58
Ho concluso l’affare del pianoforte e del toccadisco con il conte Sforza; però finchè non riscuoto la moneta poco credo di averlo fatto.

6/3/58
In sogno: v’erano dei morti e dei malati e non ho voluto dare la mano a uno di questi che me la tendeva. E’ uscito il sogno di Eugenio; si è ferito il dito indice con 4 punti. Terraaaaaaa…. Chi sa cosa succederà.

11/3/58
Saliamo sul transatlantico “Conte Bianco”. Solo Maria al porto. Marcello è alquanto perdonabile. Fernando e gli altri veri rimbambiti. Tutto il viaggio ottimo. E’ stata una crociera di pena e di pensieri tormentati.


29/3/58
Domenica della Palme a Genova.

31/3/58
Giunti a Napoli. Nemmeno un’anima di parente. Siamo andati a Frattaminore da Teresa.

2/4/58
Primo incontro in chiesa con la SS. Maria Immacolata al suo altare.

8/3/58
Primo incontro col Sindaco in S. Potito. E’ contrario. A piedi una o due volte a Piedimonte. vango la terra per un giorno per un eventuale ricollocamento. Da papà Vincenzo com’era è. Da Luigi impossibile. E’ un bugiardo e vile, non si fa trovare.


9/4/58
Emma ha tagliato i capelli ai ragazzi. E’ inutile rievocare il passato perché non ci guadagno nulla tranne se d’aiuto per il futuro ma altrove.

10/4/58
Fitto le case I.N.A.

12/4/58
Lettera alla Democrazia Cristiana all’on. Bosco in Carattano per il lavoro.

28/4/58
Lettera alla Saint Gobain. Promessa da parte del Senatore. Luigi, con una scusa, non vuole prestarmi la lambretta. Domanda per la pensione in Roma.

12/5/58
Domanda alla confederazione dei Commercianti.
14/5/58
Chiamata dalla caserma per pagare i tre viaggi.

16/5/58
Lettera da mamma. Egoismo e altra umiliazione. Il tempo parlerà. Tutto perché non è più libera e perché non ha Luisa come serva. Però Marcello poteva attendere ancora onde evitare che mamma se la prendesse tanto a incolparmi o Emma sarà giudicata come ha giudicato lei. Dal canto mio perdono ma giammai dimenticherò.

18/5/58
Sono influenzato per 3 giorni a letto e lontano dalla festa per la Madonna.

25/5/58
Da scrutatore mi guadagno le prime 7.000 lire.

28/5/58
Dopo circa 2 mesi Emma lascia la sorella e viene in S. Potito. Siamo la curiosità del paese.

13/6/58
Ha scritto Maria perché ha bisogno di un certificato.

16/6/58
Vado dal Console a Roma per legalizzare il certificato e mi fanno un brutto discorso. Tesseriamo bene tutti ma patirete la fame. Signore confido in te. Unico conforto è la fede e la recita del S. Rosario quotidiano. Di nuovo le case sfitte e l’umiliazione. Tutta colpa di Luigi: mi ha fatto pagare tutti i fitti di casa fino ad aprile. Sette mesi lire 50.000 oltre 55.000 che avrei potuto trovare se lui non mi avesse pregato di lasciarle a Lui stesso mentre la signora Gioffrè mi avrebbe pagato lire 15.000 mensili. E bollette di luce che sto pagando. Ma la peggiore delle cose è che non mi scrive mai; nemmeno per saper se sono vivo o morto, se mangio o sto digiuno. Della mobilia che me l’ha ereditata e poi si è preso un tavolino e l’etacera che gli sono serviti e piaciuti. Ora non si rompe il collo a portarmeli. E’ un misero vigliacco, un pidocchioso! Sta bene lui, che gliene importa degli altri. Ma non tirerà sempre un vento, ossia le cose cambieranno. Non gli voglio male ma lui a me ne vuole tanto. Mando a Marcello 500 pesos. Sciolgo il voto nella chiesa di S. Gennaro.

22/6/58
Mando altri 500 pesos a Marcello.

23/6/58
Teresa fa un espresso a Emma perché io possa fare da dattilografo ad un notaio, Don Ciccio. Mi chiameranno non a lungo.

30/6/58
Attese, lettere, raccomandazioni mi tengono legato col Sindaco, col parroco Grillo, con la D.C.; ma, purtroppo, finora nulla di concreto.. Ma la Divina Provvidenza non tarderà.

10/7/58
Sollecito per sapere qualche novità da Frattaminore. Consegno la chiave al vice Procuratore e fitto le case I.N.A. per lire 14.000 con decorrenza 16/7/58. Lo scopo è per avere un’eventuale raccomandazione. Tenterà il Procuratore col colonnello Izzo per il posto in S. Potito.

13/7/58
Conferisco col Sindaco ma nulla di nuovo in merito al lavoro.


17/7/58
Il Procuratore mi propone di fare il Delegato Esattoriale in Valle Agricola però la paga piena è di circa 20.000 lire. Io accetto senz’altro, specie per le altre possibilità di lavoro sul Comune di Valle Agricola.

18/7/58
Vado in Caserta e parlo con l’Ufficio dell’Intendenza di Finanza, col dottor De Nitti, che di me ha un’ottima impressione e mi consiglia, per abbreviare i tempi, di inoltrare l’istanza all’Ufficio II.DD. in Piedimonte, indi ho conferito col rag. Savio il quale mi ha, in parte, demoralizzato perché in Valle Agricola sono 30 anni che non si è mai riuscito di riscuotere le tasse. Anzi ha poi aggiunto che mi meriterò il monumento se sarò capace ad espletare tale incarico. Il Signore mi aiuterà e mi sorreggerà in ogni cosa. Consegno in Piedimonte l’istanza e attendo le informazioni della Guardia di Finanza.
21/7/58
In Piedimonte ho notato Luigi che ha girato la testa, penso che mi abbia visto. Ed io dietro il suo contegno sono entrato nella D.C. A San Domenico mi è parso vedere Luigi salire in una macchina privata e difficilmente mi sbaglio perché, salendo, dalle Altobelli mi dicono che hanno visto lui e la moglie, per cui la gente che ho visto in macchina era tutta la famiglia sua, o in parte. O è un vile! E’ un bugiardo e può commettere ogni genere di azione. Spero almeno mi abbia portato almeno i due mobiletti.
Nostra Signora Ave Gratia Plena dice: chi non tende la mano per aiutare un fratello o simile, come potrà essere aiutato dalla grazia di Dio. Suona mezzogiorno: e’ voce di Dio. E le parole di N.S.A.G.P. sono dette da Dio e mai le sue parole sono venute meno.
Non voglio che Luigi si trovi nelle mie condizioni, non sarei un buon cristiano; ma vorrei che il Signore ce lo facesse provare per un po’ di tempo, per provare, conoscere, vivere la vita che sto attraversando io. Specie il trovarsi senza lavoro con una famiglia a carico, disoccupato, mortificazione peggiore, e non essere trattato da un fratello che lo conosce e che per mezzo di lui si è fatto tante comodità in casa col rischio di ………… e poi non essere trattato.
L’ingratitudine e la non curanza sono ferite che sanguinano; ma verrà un giorno in cui ogni mia pena sarà passata con la grazia di aver avuto il dono sacrosanto di un lavoro.
Ho letto la lettera che Luigi ha scritto a Vittorio ed ancora una volta ho constatato che è un bugiardo perché sono stati 2 mesi che il suo ex inquilino, per andarsene dalle case non ha pagato invece ha detto che ha perso circa un anno di fitto. A tutti ha fatto da padrino, ad un figlio di Vittorio ha messo scuse puerili. Però un prosciutto ed una decina di litri di olio s’è preso e mangiato, senza aver fatto nulla.
Grazie alla Divina Provvidenza e a don Ciccio e don Corrado il figlio di Vittorio, Gianni frequenta il primo industriale a Piedimonte.

23/7/58
Sono andato dal Procuratore per qualche novità e mi ha riferito che attende il parere della locale Finanza.. Mi ha pure consigliato, se ho intenzione di avere il posto in S. Potito di mettermi un buon avvocato, altrimenti è inutile tentare.

SPIRITO SANTO ILLUMINAMI TU

26/7/58
Ho scritto a Luigi seccamente che mi mandi la roba che si è presa. Attendo la reazione. In seguito si vedrà.


28/7/58
Sono andato dall’avvocato Cappiello per chiedergli del lavoro. Attendo la risposta alla mia proposta. In questo modo spero di non fallire come gli avvocati Ricigliano e D’Eremo che mi offrì a fare il dattilografo ma purtroppo non mi compresero.
Il Procuratore Garofalo ha spedito la documentazione a Caserta con tutti i miei meriti. Gloria a Dio e pace agli uomini.

1/8/58
Luigi mi manda dei documenti che potevano…….mi dice di avermi mandato i mobili il giorno 29 ultimo scorso. Staremo a vedere la verità.
Dall’Avv. Cappello, come tutti promettono ma staremo a vedere.



2/8/58
Da Frattaminore mi ha scritto don Ciccio. Spero che si realizzi quanto mi ha scritto e spero di essere assunto dal Notaio. Emma ha troppa ragione circa il “fazzoletto” dato a Luigi, io speravo che mi aiutasse. Invece è un vile e bugiardo su tutto.

6/8/58
Ho fatto l’esposto al Sindaco per essere riassunto. Risposta: morte tua vita mea.

7/8/58
A Piedimonte dal Tammaro per scrivere ai miei.

8/8/58
Notizie circa il posto all’Ospedale. Parlato col Sindaco in merito al tentativo anche per lavoro dal sig. Manzo.

9/8/58
Per l’egoismo sta in quelle condizioni. Io non voglio commiserazione da nessuno, né pretese, solo sto constatando che chi non usa misericordia non ne troverà mai.. Non vedo l’ora che finisca questa situazione. Signore Iddio. Usa bontà e carità verso chi ha bisogno.
Dopo il colloquio con Ricigliano di giorni orsono oggi gli ho scritto sollecitandolo.
Ha scritto mamma autorizzandomi a prendere il fitto delle case in Vallata 174.

11/8/58
Ho tentato di essere assunto come operaio presso la S.M.E. ma non ci sono riuscito nonostante la viva raccomandazione del parroco Grillo. Che altro devo attendermi?
Ho tentato a Roma in via Margutta, 19. Un’altra speranza svanita. Nulla da fare presso l’ospedale.

12/8/58
Sono andato dal V. Prefetto per l’incarico di Valle Agricola e mi auguro con l’aiuto di Dio di sistemarmi

13/8/58
Imparo sempre più. Grazia ed Eugenio non hanno pranzato perché i talleri non li vogliono. Alfonsina, egoista al 100% ha buttato un piatto di fagioli e non li ha dato ai nipoti. Non so perché Eugenio è sempre in disparte e silenzioso: mi pare vederlo deperire ma febbre però non ne ha. Manlio, invece, sta sviluppando troppo gli organi genitali.

16/8/58
Ho conferito col vice Prefetto in Caserta per il servizio di riscossioni in Valle Agricola. Dieci ore compreso il viaggio per avere l’impressione che non seguirò l’attività per non rimetterci per i viaggi e per le colazioni.
19/8/58
Sono andato in Valle Agricola ed ho avuto l’impressione che il marciume viene dalle locali autorità: Sindaco, carabinieri, ecc.
Ho ritirato il resto della mobilia ed ho avuto un brutto concetto del mio inquilino nell’I.N.A. casa. Sia in merito di essermi servito del mio mobilio, però in parte, sia per la luce ed infine per il reggi tenda.

20/8/58
Il Sindaco per conoscenza mi ha inviato copia della nota prefettizia in merito al mio esposto. Non voglio più il posto ma mi interessa la pensione.

21/8/58
In sogno nel pomeriggio: non ricordo chi mi ripeteva “Chiedete a mio padre a nome mio la giustizia di Dio il resto sarà dato in sovrappiù”.
Dal Tammaro in Piedimonte per il lavoro. Sarò assistito dalla O.P.A. Sono andato dall’inquilino casa paterna a parlargli del pigione che dovrà darlo solo a me per volontà di mia madre come da lettera. Come finirà?

23/8/58
Tre speranze crollate: Frattaminore, Milano e Valle Agricola includo anche Valle perché prevedo che sarà così. Unica speranza è Via Margutta, 19 Roma.

16/9/58
In sogno: un bambino anzi un neonato che piangeva e cercava di farsi capire esprimendosi con le mani.




7/10/58
Ci siamo trasferiti a S. Leucio di Caserta. Con l’eccedenza dell’I.N.A. in Piedimonte, pago il fitto di casa quì.

22/10/58
Solito in Valle Agricola per le riscossioni delle imposte ed ho notato l’ostilità della popolazione a non avermi voluto senza alloggio né vitto. Son dovuto ricorrere a Corrado De Tota al quale dovrò gratitudine. Ma purtroppo la gente ha occupato il Comune, ha minacciato le autorità di atti antidemocratici. C’è voluta la Celere di Caserta per tenere a bada la folla. Dopo nove giorni di inutile attesa per la riscossione è subentrata la politica è s’è rotta la speranza che avevo per la percentuale sulle imposte che avrei riscosso. Il preavviso di una donna di non andare a spasso e la doppia scoppiettata di un fucile in vicinanza delle mie spalle. Preavviso duro ma vero. Dovevo tentare, anche a costo del peggio per avere la possibilità di un lavoro. Questo dì è il secondo compleanno di Eugenio in brutto stato familiare. Di notte me ne sono tornato con la Celere fino al Palazzo Reale da Valle A.

23/10/58
E’ un anno che partimmo da Napoli per l’Argentina. E’ un giorno che ricorda tristezza, ma il Signore che ci ha promesso:”chiedete al Sommo Dio il suo Regno e la sua giustizia, il resto vi sarà dato in sovrabbondanza”; non dovrà tardare la Divina Provvidenza. E’ la fede che ci insegna. Guai venisse meno.





3/11/58
In Piedimonte, per la dovuta visita al cimitero, presso le spoglie della cara estinta Lucietta , ho pregato in sostituzione del caro fratello Marcello.
Ho mangiato in S. Potito la sera come altre volte, digiuno. Non ha avuto il coraggio o la buona creanza di dirmi almeno se volevo cenare. Niente. A letto senza cena. Sto imparando sempre più, vorrei che Luigi sapesse questo stato di cose e constatare cosa ha nel cuore. Ma purtroppo credevo come la vivevo io, invece è tutta diversa. Però dovrò ancora umiliarmi ad assoggettarmi a Luigi. La necessità rompe la regola.

5/11/58
Con la lettera del Vescovo di Piedimonte mi reco presso l’orfanotrofio di S. Antonio per ottenere un’eventuale occupazione. Per ora, promesse.

12/11/58
E’ un anno che siamo sbarcati in Buenos Ajres. Un anno di tribolazioni, di umiliazioni, di varie promesse, di mortificazioni, di tristi esperienze, di amare constatazioni. Un anno di sacrifici, di incomprensioni, ma un anno di fede in Dio più viva che mai, un anno di preghiere umili ma di grandi speranze nella bontà di Dio. Un anno che mi ha avvicinato alla croce di Nostro Signore Gesù Cristo. Oh Signore, umilmente ti prego, fa che io possa vivere in serenità ed in questa di diventi un apostolo di carità di amore e di bene per il prossimo e per la mia cara famiglia. Dammi o Signore quella serenità necessaria per la salvezza della vita temporanea ed eterna.

15/11/58
Compio oggi 44 anni. Nessuno dei miei si è ricordato. E’ lo stato degli animi che per ora non possono pensare a ciò per cui, nemmeno io ho voluto ricordarglielo.

20/11/58
Sono stato tentato di recarmi da Luigi e dirgli che non è affatto bello che gli altri sappiano il mio stretto bisogno e fargli notare che sono aiutato dalla Pia Opera di Assistenza mentre lui potrebbe evitare ciò. Il suo prestigio è caduto di molto. Passerà si, ma sto ancora in un periodo voluto dalla Legge Divina, ma sono convintissimo, da buon cristiano, che uscirà il sole anche per la mia famiglia. E’ un guaio la mia pensione perché ci vogliono altri versamenti per completare il quadro. Ho avuto la residenza e sto facendo delle pratiche, per iscrivermi all’Ufficio di Collocamento.

27/11/58
Non ho pensione. Non posso essere iscritto all’Ufficio di collocamento. Non posso avere nessun sussidio di disoccupazione. Ma non mi avvilisco. Verrà un giorno che il Signore userà misericordia e tutto il passato sarà come un sogno.

1/12/58
Ho buone speranze di essere occupato nella cooperativa agricola che sorgerà in Caserta. Avvocato Della Valle.

2/12/58
Ho sognato che a Piedimonte in casa I.N.A. sopra a tutto c’era una statua della Madonna Immacolata. Sette chilometri a piedi per andare al novenario in Caserta. Fioretto e risparmio 70 lire. Ho fatto un voto per la durata del corrente mese. Devo vincere,. E vincerò la disoccupazione. Sarà duro, ma è appunto per l’entità del fioretto che… dovrò vincermi.


3/12/58
Ho sognato: stavo all’I.N.A.; a Piedimonte e nell’alzare la testa ho notato una statuetta della Madonna Immacolata vestita di celeste e nel sogno dicevo: è uscito il sogno e nel pronunciare queste parole si stacca la statuetta dal soffitto mi viene a cadere sulle braccia e per la gioia grido e mi sveglio. Ne desumo che la Madonna mi verrà in aiuto; vincerò ed avrò la grazia del lavoro. Don Mario Vallarella, buone notizie.

6/12/58
Mamma mi ha scritto dicendomi che Maria, mia sorella, mi manda 10.000 lire per me e lire 1.000 per S. Marcellino. Che Dio la benedica. Però ringrazio il Signore di più quando avrò il lavoro perché è il lavoro che rende l’uomo più uomo. Non voglio vivere di elemosina, né di pietà, ma ho bisogno di Dio che mi dia quella serenità necessaria e santificante che scaturisce molte volte dal sacro e santo lavoro.
14/12/58
Oggi 41° anniversario cioè compleanno di Emma. Sono oltre 14 mesi che non vado a cinema. Sono Sereno. Non mi lamento per ciò. Senza un dolce, senza un bicchierino, senza nulla. Ne lodo il Signore perché così mi fa conoscere quanta altra gente vive come me e senza dubbio anche peggio. Per regalo a Emma un paio di pantofole. Piedi ghiacciati.

15/12/58
Emma è andata dall’avvocato Della Valle per conoscere il luogo dove, con l’aiuto di Dio, lavorerò. Gli ha detto che facilmente potrò essere chiamato anche prima del S. Natale.

19/12/58
In sogno: mi trovavo in una strada e mi sembrava che delle persone mi venissero incontro ma che ad un certo momento se ne ritornavano. Mentre si svolgeva tale scena ecco una figura maestosa dai lineamenti santi. Era N.S. Gesù, sorridente, roseo con la capigliatura bionda scendente ondulata sulle spalle. Rapito, innanzi a Lui dicevo: Signore misericordia, Signore misericordia e ripetevo ciò, però N.S.G.C. (Gesù) era si sorridente ma non riuscivo a guardarlo anche perché Egli non alzava lo sguardo verso di me. Però ad un certo momento alza gli occhi ed io gli dico “misericordia dammi lavoro”. Egli sorridente mi parla facendomi intendere di si. Non ricordo con precisione le parole, ricordo infine che Egli si avvicina e io mi avvicino a Lui e nel bacia le guancia ne noto la morbidezza istanti beati. Egli stava in piedi come quando il Vescovo è in gran parata tutto addobbato.
Deduzioni: si avvicina la grazia del Signore nel lavoro sacro e santo.



22/12/58
Il tentativo di conseguire la pace con Luigi non solo è riuscito infruttuoso ma addirittura tale che si è dileguato specie per l’atto da lui compiuto dal 25 al 27. Non si compra l’affetto dell’animo con un atto come il suo; per cui non ho chiesto lontanamente la carità come lui a me ha tentato di fare.

25/12/58
Nella serenità semplice, nuda e cruda abbiamo trascorso il S. Natale. Senza un bicchierino di liquore. Un semplice pasto che male a pena è bastato anche la sera. E’ il secondo Natale nudo e crudo. Alle 10,15 di sera siamo andati a letto. Però me ne son pentito di non aver aspettato la mezzanotte. Il Bambino Gesù mi perdoni. E spero l’anno venturo che sia meno triste ed in pace con tutti, no che stia bisticciato con qualcuno però c’è un risentimento naturale spontaneo che si sprigiona nell’anima di ognuno che è trattato allo stesso modo come a me Luigi.

1/1/59
Secondo anno nuovo da soli. Che triste anno nuovo, che sia l’ultimo così brutto, specie se penso e principalmente quando noto le espressioni sui volti dei miei cari figli. Mai Manlio mi ha fatto tanta impressione appena iniziato la sparatoria e l’allegria degli altri. Appena buttate le lampade vecchie – mi butterei anche io giù – Che il Signore lo conforti e mai più sfiori sulle sue labbra tale espressione.

3/1/59
Delusione triste e straziante. La dichiarazione dell’avv. Della Valle dove avrei avuto lavoro. Tutto è buio nel mio animo. Quale strada prenderò? Solo Iddio lo sa. Si vive di speranze e Dio non lo voglia se qualcuno mi avrà maledetto, ricadrà la sua esistenza nella più triste conseguenza. Dio, Dio mio aprimi la porta della salute e del lavoro. Anime pie pregate il Signore per me.

4/1/59
Venti anni fa sognai S. Gennaro: “la tua fortuna è in Italia” – che sia una realtà – Dio sia lodato.

6/1/59
Avvertimento nudo e crudo a Eugenio. Che la Madonna gli dia la purezza d’animo e di corpo come ho sempre pregato non solo per lui ma anche per gli altri due figli.

8/1/59
Chi avrebbe pensato nel corso della mia vita che in un tratto di essa, trovandomi disoccupato, nel chiedere lavoro non altro che lavoro mi sento dire: volete un po’ di pasta? Non potevo non accettare, ma nemmeno per sogno credevo che mi avrebbero dato anche 3 chili di farina per fare la polenta. Dio mio sia fatta la tua volontà e non la mia. Avrei dovuto fuggire per la vergogna, ma che facevo? Mi dovevo ribellare e poi far intendere che non ne avevo bisogno. E’si un’amara pillola che ho ingoiato ma sia questa per me un’altra prova da superare che mi mandato il Signore. La vita continua l’esistenza umana. E’ venuto il mio turno, Penso quando portavo io alle case dei poveri pasta zucchero e conforto, a Piedimonte d’Alife, ed in S. Potito Sannitico. Da privato e come componente la Conferenza “S. Vincenzo dè Paoli”. Signore ti ringrazio, non peggio, ma dammi la grazia del lavoro e della Provvidenza. Salute e timor di Dio.

10/1/59
La prima neve in S. Leucio. Stiamo senza fuoco e Grazia, poverina, per riscaldarsi, saltella. Manlio ed Emma soffrono il freddo, io pure ma non tanto, Eugenio, che è stato sempre freddoloso non si lamenta.

15/1/59
Ho portato a termine il fioretto iniziato il 27/11/58.

22/1/59
Ho ricevuto da Luigi una raccomandata con la quale mi dice che dal 10/2/ mi manderà 5.000 lire mensili dei pigioni che mi doveva. E’ sempre lo stesso, come un cane mi invierà l’elemosina, perché non è questo il modo cristiano di aiutare il proprio fratello. Tutto passerà, si perdonerà ma non si potrà dimenticare che gli ho chiesto l’appoggio e la solidarietà. Non bene né minacce, né mamma ne fratelli. E’ potente. Ma un giorno saremo tutti giudicati e si vedrà chi avrà l’onore di stare più vicino a Dio. Non credo opportuno rispondere a Luigi ne riprovare il risentimento già tanto teso. Che Dio ci illumini a tutti.


26/1/59
I ragazzi ed Emma sono andati in montagna per legna data la caduta della neve, che è poca per ora. Dopo 45 anni è il primo inverno che sto senza fuoco.

30/1/59
Altra delusione come usciere alla P.O.A. Un altro compleanno di Grazia. Semplice come tutti i giorni.

13/2/59
Luigi mi ha mandato 5.000 lire con vaglia senza una parola. E’ una mortificazione che non sopporterei se non pensassi che la sopporto per amore a Dio e per la sua bontà che certo non tarderà. Per Luigi, prego si ravveda. E’ un tozzo di pane, amaro com’è, mi è necessario. Ma un giorno comprenderà come mi sta trattando. E’ peggio non essere compreso che patire la fame.
25/2/59
Ho fatto domanda per fare il portinaio in via Napoli di Caserta. Spero riuscire. Ho promesso un compenso.

1/3/59
E’ svanito anche di fare il portinaio. Hanno una donna per economia. Chi sa se è vero. Un altro passo a vuoto.

10/3/59
Ho fatto domanda per imparare un mestiere presso l’Automobil Club come autista.

11/3/59
E’ un anno dall’imbarco. 19 anni di matrimonio.



12/3/59
Ricigliano Mario mi scrive di rivolgermi ad un certo sig. Iacolazzi. Ho scritto a Verona come da lui consigliatomi.

14/3/59
Sono andato dal sig. De Francicis per fare il controllore del latte. Mi ci ha mandato don Mario Vallarella. Speriamo che non fallisca anche questo passo. Sono convinto che una strada si aprirà però non so dove né quando né come.
Luigi, come al solito, mi manda la moneta senza un rigo. Ma è possibile che un fratello, per interesse, diventi tale? Avrei fatto lo stesso? Sono sicuro di no per una sola casa. Ho voluto bene a Luigi con affetto di vincolo del sangue. Il suo comportamento si va sempre più palesando che per il passato mi ha aiutato perché c’era il suo tornaconto. “Filatelici” e più palese ancora se ricordo il modo in cui mi trattava quando veniva a Piedimonte, cioè: si dal compare Vitale ma non da un fratello. Così lui così la moglie, così i figli.

16/3/59
Sono stato ammesso a frequentare il corso per autisti meccanici così pure Manlio ed Eugenio anche per prendere la patente auto. Sono il “vecchio” del corso con giovani che non hanno ancora 21 anni. La vita che sorpresa, senza compensi, si, tra i banchi di scuola a 45 anni e una situazione che, solo io, posso sopportare. Iddio se ha permesso ciò ci deve stare una ragione.

18/3/59
Un’altra delusione. I documenti dalla Svizzera mi sono ritornati perché sono ammessi ad emigrare coloro che non hanno superato il 40° anno di età.


28/3/59
Sono proprio sfortunato. Speravo di andare a fare il controllore del latte, invece non c’è più speranza perché assorbiranno il personale dell’ex U.P.S.E.A. Dio ha voluto così e sono certo che queste sofferenze un giorno, nel ricordarle lontano, benedirò il Signore di avermele mandate. Perché, dopo il dolore, dopo la tristezza verrà la gioia spirituale che è la maggior letizia per un cuore cristiano.

31/3/59
E’ un anno che siamo sbarcati a Napoli. Non un’anima al porto. Malgrado Luigi fosse stato avvertito da mammà.

29/3/59
E’ la seconda Pasqua trascorsa nella semplicità delle code. Che il Redentore dia pace alle famiglie travagliate e lavoro nelle disoccupate. Però è una Pasqua già più serena di quella dell’anno scorso poiché l’anno scorso fu a Frattaminore, invece, quest’anno nel silenzio del luogo, nella suggestività della benedizione dei figli in famiglia. Il tutto nella gloria del Salvatore risorto. L’altro ieri ho mandato gli auguri a Luigi con queste parole: “Che la pace e l’amore del Signore regni nella tua famiglia”. Luigi nemmeno un rigo.
Emma non sa, né posso dirglielo perché a parte che già sapevo che non voleva che mandassi gli auguri, sapendo bene che non mi avrebbe mandato gli auguri.
Io, invece, credo di essere un tantino più buono di Luigi e, da buon fratello, nonostante sia il maggiore, ho fatto quanto mi detta la coscienza. Se non l’avessi fatto non avrei agito da buon cristiano. Nemmeno oggi ha voluto cedere al suo orgoglio. Ciò nonostante prego anche per lui affinché si avveda un giorno del male che mi sta causando, perché lui, che mi manda il quel modo la moneta fa molto meno di me, perché il cuore si conquista con l’amore, con la rinuncia e non il denaro. Che Iddio lo illumini.

31/3/58
Dopo 2 giorni dalla S. Pasqua Luigi mi scrive una cartolina con le seguenti parole: “famiglia Lombardi Luigi”. Ha creduto salvarsi almeno l’apparenza, ma non è così. Prima perché non si ricambiano gli auguri in quel modo, con due giorni di ritardo, senza data, ma c’è il timbro postale che lo conferma che l’ha imbucata oggi.
Il suo comportamento mi fa pensare che io sia il reo e lui l’offeso, non fa nulla. Mi auguro che queste piccole grandi cose che con amarezza e con gioia siano da sopportare con rassegnazione e, sono sicuro, però, che se seguita con la sua superbia, sole non sarà per il suo bene spirituale.



2/4/59
Dopo 18 mesi di disoccupazione ho fatto un mese di lavoro dovuto non altro che al mio inquilino il quale, conoscendo il mio stato di bisogno, mi ha fatto lavorare in casa, per conto dell’Ufficio delle II.DD. di Piedimonte d’Alife.

12/4/59
Luigi continua a mandarmi il denaro del fitto, senza un rigo e la risposta negativa da lui, un incarico dal prof. Fuccia. E mi fa peccare nel pensare che è stato lui (Luigi) a non farmi avere il lavoro nel Consorzio, nemmeno come operaio giardiniere, ecc., sarebbe stato, per lui, un’umiliazione avere un fratello operaio. Tutto passerà. I figli non dimenticano nulla. Dico ciò perché la domenica che mi cercano qualche soldo non glieli posso dare, pensando al Signore Dio cosa ci ha destinato.

17/4/58
Manlio compie 18 anni. Ho preferito non dargli gli auguri. Spero al buon Gesù voglia farmelo crescere santo, buono e di salute.

20/4/59
Non basta lo stare disoccupato, ora dovrei pagare 3.700 lire di mora per il tardato versamento del denaro riscosso per conto dell’Esattoria. Ho fatto ricorso a Roma e Caserta.

21/4/59
Risposta evasiva del sig. Iacolazzi. Signore, giacchè non spero nulla più dal mondo, ti supplico, aiutami a sopportare con rassegnazione il tuo volere, fa che io ed Emma non imprechiamo contro noi stessi oh Buon Gesù. Dammi il lavoro santificato in modo che mi senta più padre verso i figli, e se qualche volta vengono brutti pensieri scacciali subito con la tua bontà e perdonaci. Signore accresci la fede in famiglia.

26/4/59
Un tormento quando Manlio, tanto buono, mi chiede:”babbo mi dai qualche soldo?”; si ho del denaro, potrei dargli qualche 50 o 100 lire; ma poi penso che stando senza lavoro, non sapendo il domani che ci ha serbato il Signore ho paura. Un figlio di 18 anni ed un altro di 16 di questa epoca, senza una 100 lire in tasca è una staffilata al cuore. Dio mio, so che potrei dargliele, ma la disoccupazione, e l’essere umano mi terrorizza. Mamma Celeste te li raccomando a Te. Fa che le loro anime si rispecchiano nella tua purezza affinchè siano sorretti con la tua protezione e sono sicuro che se oggi vivono ristretti nella moneta, forgiati in ciò, siano domani uomini retti e purificati da queste ristrettezze. Tutto passerà su questa terra di sofferenza. Buon Gesù dammi il lavoro, almeno fallo per i miei figli.
11/5/59
Ho guadagnato 29.520 lire col lavoro in Piedimonte.

13/5/59
Onomastico di Emma, giorno come tutti gli altri, che sia fatta la volontà del Signore e siano queste piccole mortificazioni in onore di Gesù in riparazione di tante offese all’Altissimo. Sto cercando di combinare l’acquisto delle case ma non so dove prenderò i denari se non mi giungono in tempo: quelli della liquidazione.

30/5/59
Sono 25 anni che è morto mio padre. SS. Comunione.

2/6/59
Festa di S. Marcellino in Piedimonte, come è passata quella dell’Immacolata così è passata quella del S. Patrono.. Chissà quando torneremo in Piedimonte, ma sento che la mia vecchiaia, con l’aiuto di Dio, la passerò lì dove avremo una casa nostra.

10/6/59
Ho scritto in Francia per andare a lavorare.

13/6/59
Ho parlato col parroco locale per un eventuale lavoro ed ha fatto un promessa a S. Antonio, alla Madonna, Ricordo che nel confessarmi mi diceva: “di quel che hai preso indebitamente parte dallo ai poveri”, non è che ho rubato, ma mi son preso i pigioni per 5 anni anticipati senza il consenso o il consiglio di mamma.
Ho ricevuto scritto da Marcello dicendomi che devo depositare la somma di 1.000.000 di lire. E’ una madre egoista o io ho preso più del dovuto. So però una cosa che una madre quando sa che un figlio sta nel bisogno deve aiutarlo più degli altri e se è il caso sacrificarsi e sostenere verso gli altri figli anche in caso di temporaneo bisogno: si deve soccorrere chi ha bisogno. Dove andrò a prendere i soldi se vengono meno?

14/6/59
Marsella sono vari giorni che mi sta portando alla larga promettendomi che parlerà col capo Zootecnico. Nulla ancora.

16/6/59
Grazia ed Eugenio mi hanno dato una grande gioia con l’essere stati promossi a scuola. Mentre Manlio è stato addirittura respinto, frequenta il I° Liceo classico.. Credo che non è cosa sua lo studio dei classici. Mi ha rimproverato perché l’ho mandato alla scuola classica e non ad altra. Ecco la gratitudine, per evitare altri dispiaceri devo vedere se gli posso far insegnare qualche arte e incominciare col far fare la domanda con la qualifica di autista meccanico che lui già tiene.

21/6/59
Inviato gli auguri a Luigi nonostante lui a me non me li ha mandati Dio è l’unico essere giusto, noi peccatori sbagliamo sempre, io per primo.

2/7/59
Fatta istanza all’Orfanotrofio S. Antonio per essere assunto come economo.

3/7/59
Sono assunto dall’Orfanotrofio S. Antonio. Lire 10.000 mensili. Dio sia lodato, è meglio questo che nulla. Seconda grazia che ho chiesto. Lavorare e serenità in famiglia.


12/7/59
Non basta Piedimonte che sappia la mia situazione, c’è voluto anche Luigi col vaglia a rendere noto anche S. Leucio che mi trovo disoccupato e per lo più in stato di bisogno. Tutto passerà, ma l’ombra difficilmente si dissiperà dalle nostre menti.

25/7/59
Ho scritto a Luigi in merito alla sua proposta circa le case in Piedimonte. Non posso più sentire per lui un sentimento fraterno. Il ghiaccio formatosi fra me e lui sta facendo incrostazioni sempre più massicce.

11/8/58
Primo stipendio. Dio sia Lodato. Lire 22.500 compresi gli assegni. Non ero contento di lire 43.000 ora sono sereno per lire 22.500. Questo vuole il destino, come dice Marcello. Io, però, sono convinto che il Signore l’ha permesso, ed una ragione ci deve essere. Il tempo sarà testimone. Chi si contenta gode. Dio sia benedetto.
Non è ancora termina la faccenda dei pigioni dei 5 anni. Signore, dammi la provvidenza e darò tutto quello che mi sono preso in buona fede ed i miei termineranno di muovere la piaga. Il fango si pulirà ma la macchia rimarrà, e non avrò più a che farci. Signore se sbaglio perdonami ti supplico.

In chiesa tra i vari quadri, uno, quello della Madonna, mi muove gli occhi, poi con la testa si gira verso di me e mi sussurra: “ti voglio bene”.




(Qui c’è un vuoto temporale degli appunti di babbo che non ho trovato più.)
…riprende babbo:
26/8/70
In sogno: vado alla masseria e trovo mamma Assunta a papà Vincenzo che discutevano per il prezzo dei maiali venduti e nominano i numeri 4 e 150. Gioco 1-4-15-46-48 e 1-50 e 33-50-48. Mi esce un ambo (vinco lire 750 ma avevo giocato lire 2.300)
9/9/70
In sogno: vado alla masseria, strada scoscesa e fangosa. Trovo mamma Assunta in ginocchio che sceglie mi pare delle ghiande. Papà Vincenzo prima si lava i piedi e poi cena alla luce del lume. Non ricordo se mi rimprovero io per essermi fatto vivo dopo tanto tempo. Emma signorina, nel muoversi dimostrava il suo tenue seno. Com’è bello sognare e volare facendo con le mani dei remi nell’aria. Cosa vorrà dire questa frequenza di sogni? S. Messe o perché abbiamo con noi Alfonsina?
25/9/72
Non rintraccio gli appunti degli altri sogni fatti. Dunque, sempre in sogno, venivo da un luogo lontano e mi sono fermato a Piedimonte all’A.G.P. C’erano pochi devoti, mentre guardavo la statua dell’Immacolata ho visto muovere prima le dita della mano sinistra, poi mi ha parlato in due riprese. Ricordo che mi diceva: “quando vi adunate” io non capisco bene e Lei me lo ha ripetuto più forte non ricordo bene se “adunate” o “riunite”. Pensavo fra me: i fedeli non s’avvedono che sto parlando con la Madonna.
Ne deduco che, nonostante sia un peccatore, la Madonna mi vuole bene perché mi viene in sogno.

Vincenzo Lombardi



Avventura in Argentina

Riprendendo il mio racconto da dove sono rimasto al momento dell’imbarco sulla nave “Salta” al molo Beverello di Napoli.
Quella sera della partenza, saliti a bordo, e mentre la nave si allontanava dal molo una voce straziante si sentiva da lontano: “zioooooo, ziaaaaaaaa” era Maria mia cugina.

Il primo approdo fu a Genova dove visitammo la città molto in fretta.

Ripartiti il giorno seguente approdammo a Barcellona e il giorno dopo approdammo a Lisbona dove visitammo la città in taxi e poi il tassista ci porto a Villa Italia dove viveva il Re Umberto in esilio con il quale ci facemmo una foto che si trovava a pochi chilometri da Lisbona.

Giorni dopo approdammo sulla sponda occidentale dell’Africa, precisamente a Dakar di cui ricordo che era una città con strada larghissime.

Dopo aver ripreso la traversata dell’Atlantico, giorni dopo giorni Grazia prese l’influenza “asiatica”; la confinarono, in quarantena, nella parte bassa della nave insieme ad altre persone. Per passare il tempo le portarono delle forbicine e dei fogli di carta da ritagliare. Fortunatamente guarì presto.

Durante la traversata dell’Oceano Atlantico Rio De Janeiro a bordo della nave c’era un atmosfera di futuro incerto e con speranze vaghe, difatti ascoltando gli altri emigranti mi sembravano tante persone assenti senza parlare mai di quello che si andava a fare.

All’attraversata dell’equatore a bordo si festeggiava con canti e balli e all’ora di pranzo ci fu offerto anche il dolce.

Spesso mi recavo alla prua della nave e mi affacciavo per guardare le onde spumeggianti che provocava la ghiglia della nave. Invece andando a poppa, osservando la scia che provocavano le eliche della nave, mi veniva di pensare: ma cosa ho lasciato dietro? Nello stesso tempo l’Italia mi sembrava non appartenere più ai miei ricordi. Andavo incontro ad un futuro incerto e pieno di incognite ma con speranza.

Dopo l’equatore incontrammo una vera e propria tempesta con onde alte otto-dieci metri. La nave beccheggiava moltissimo e si sentiva il rumore delle eliche che giravano a vuoto quando la prua della nave scendeva verso il basso e la poppa si alzava lasciando le eliche fuori dall’acqua.
Giungemmo dopo 19 giorni nella acque territoriali del sud America: ci stavamo avvicinando a Rio de Janeiro.

Quando sbarcammo andammo in giro per la città. Le strade erano larghissime e con basole colorate in rosso e nero. Gli stessi marciapiedi erano larghissimi ci si camminava tranquillamente senza ressa fra la gente.

Durante la visita alla città mio padre comprò un casco di banane (non so per quale motivo, forse solo per il gusto di comprarlo) Il casco poteva contenere circa un centinaio di banane. Ce lo caricammo in spalla e lo portammo su nella nave. Quando ripartimmo, il giorno dopo, in poche ore le banane diventarono mature e di color marrone. Non ricordo di averne mangiate. Mio padre fu costretto a gettare tutto il casco.

A Santos fu una visita frettolosa di cui non ricordo niente di particolare tranne che si vedevano molti negozi con strade più piccole dei marciapiedi e dove la gente camminava senza fermarsi a guardare le vetrine dei negozi.

Di Montevideo ricordo che mi sembrava una città molto bella con strade larghe e molti negozi con vetrine molto colorate. Somigliava a San Francisco di California per il tipo di strade che andavano in salita e poi in discesa.

Finalmente giungemmo, di mattina, a Buenos Ajres, dopo 21 giorni di navigazione. La sensazione fu la stessa che si vedono in quei film degli sbarchi degli emigranti in America del Nord. Gente ammassata, con sguardi assenti, impaurita del “nuovo” e incanalata a camminare in passaggi obbligatori come quelle mucche che vengono portate al mattatoio attraverso degli steccati.
La prima persona che vide mio padre, e quindi noi, fu zio Ferdinando. La prima impressione, dal modo come era vestito, fu deludente. Mi aspettavo di vedere una persona ben vestita ed elegante nel portamento. Invece aveva una giacca nera e sgualcita, doppio petto, sbottonata da cui si vedeva un pantalone con vita altissima fino quasi al seno e con un paio di bretelle cortissime. Una volta espletate le pratiche di sbarco, fino a sera, prendemmo un pulman. Altra delusione: ci aspettavamo che ci venisse a prendere con la sua macchina personale (non aveva nessuna macchina). Attraversando la città quello che notai, per me nuovo, era lo scintillio delle insegne pubblicitarie, era un luccichio di piccoli pezzi di stagnola. La notte la passammo a casa di zio Marcello.
Il giorno seguente andammo ad “accasarci” nel centro città in una strada laterale chiamata “calle Rioja al n. 657”.

Si entrava, in questa casa a piano terra, attraverso un corridoio semicoperto e si giungeva in un cortile scoperto. A destra vi era un muro alto che divideva dalle altre case; a sinistra vi erano 4 camere abbastanza grandi: la prima era occupata da Gino e Ferdinando , la seconda era occupata da un nobile in disgrazia, Sforza che in Argentina faceva il cameriere, la terza stanza era occupata da nonna Maria e dalle mie cugine Lucia e Luisa , la quarta stanza era occupata da noi. In fondo al cortile vi era, a sinistra, il bagno e a destra una cucina a fornelli a carbone.

Io ero molto affascinato dalla grandezza delle strade, mai viste in Italia, con sei corsie larghissime e da palazzi molto grandi e da un’infinità di auto che circolavano a velocità sostenuta. Era tutta apparenza. Difatti all’interno della città vi erano case degli anni ’40.’50 e pochi grattacieli (ve ne erano solo pochi verso il porto). Le auto che circolavano era la maggior parte dei taxi. Non vi erano linee di autobus ma dei piccoli bus, chiamati “coches” di privati e senza bigliettaio poiché era l’autista stesso che faceva i biglietti e li obliterava.

In compenso, nella parte più moderna, si fa per dire, c’erano giardini enormi, un grandissimo zoo e molti locali notturni dove si beveva la cervesa (birra) e dove si ballava il tango argentino (molto bello e molto coreografico ma soprattutto con molte figure di movimento sensuale).

La città l’ho visitata tutta in bicicletta. Visitammo anche il giardino zoologico, molto fornito di animali di tutte le razze.
In questo periodo, circa 12 mesi, mio padre trovò lavoro come cameriere e come stiratore di vestiti; io prima lavorai un po’ nella tipografia di mio zio Ferdinando poi in uno stabilimento nazionale, era un cotonificio, e facevo il meccanico di manutenzione insieme a mio zio Marcello; Eugenio lavorò in un’officina elettrica dove si fece male ad un dito sotto una pressa, fortunatamente non fù nulla di grave.

Nel tempo libero andavo a pattinare in una piazzetta vicino casa oppure prendevo la bici che avevamo portato dall’Italia e andavo in giro per la città. Diverse volte andavo anche a casa da mio zio Marcello che distava dalla città circa 30 Km.

Spesso andavamo a far visita a zio Marcello e a zio Michele , ed ad altri parenti.
Qualche volta andavo a cinema con Gino o andavamo a giocare a biliardo (Gino aveva la sua stecca personale che si portava appresso), mi batteva quasi sempre; oppure si giocava al tennis da tavolo e li vincevo quasi sempre io.

In tutto questo periodo, lo seppi tempo dopo, i miei si erano già attivati per ritornare in Italia.

I miei rapporti con tutti questi parenti erano solo formali poiché non li conoscevo affatto. Ma quello che mi impressionava era il fatto che tutti questi parenti non avevano più rapporti con i parenti in Italia. Tanto che si diceva che in questa terra ci si dimentica dell’Italia.

Se dovessi dire che era un paese progredito direi una bugia. Infatti solo a vedere le automobili i pulmann sembravano vecchi di almeno 20 anni, piccoli e massimo potevano trasportare 20 persone.
Però avevano una buona assistenza medica e una discreta accoglienza per gli emigranti: libretto medico personale, scuola serale per l’integrazione.

Mio padre tentò di iscrivermi ad un Liceo Ginnasio italiano ma privato: costava troppo e non se ne fece niente.

Cosa mi è rimasto di quella esperienza? è stata solo un “esperienza di vita”.

Dopo tanti tentativi e varie raccomandazioni personali presso il Console italiano riuscimmo ad avere i biglietti gratis per il ritorno in Italia.

Il Ritorno in Italia
Questa volta il transatlantico del ritorno era molto grande 32.000 tn. Il viaggio andò tranquillo senza particolari ricordi.

Andammo, per un breve periodo a vivere da zia Teresa a Frattaminore. Era una casa al centro della città ma molto brutta: le pareti di colore rosso scuro e stanze intercomunicanti fra loro.

Con mio cugino Gigino spesso si andava a cinema o a caccia di ragazze, senza concludere niente.

Da qui andammo a vivere per un altro breve periodo a San Potito Sannitico presso la masseria dei nonni paterni. Qui ricordo delle belle serate passate all’aperto con nonno Vincenzo. Era il periodo della raccolta del tabacco e vi erano molte persone addette all’inserto delle foglie per poi essiccarle al sole. Anche io partecipavo al lavoro e mio nonno di dava 10 lire ad ogni filare insertato.

Intanto mio padre trovò un lavoro come esattore delle tasse al Comune di Valle Agricola. Dovette andar via dopo pochi giorni. Valle Agricola era l’unico Comune d’Italia che non pagava le tasse e mio padre fu minacciato con i fucili ad andarsene via.











Finalmente una vita normale

Finalmente mio padre trovò lavoro presso l’orfanotrofio di S. Antonio in Caserta per cui ci trasferimmo tutti ad abitare a S. Leucio, una frazione a 2 Km da Caserta. La casa dove abitavamo era una casa colonica dove abitavano altre famiglie. Avevamo l’entrata attraverso un balcone. Era composta da una grande camera dove dormivamo io e miei fratelli, un’altra camera dove erano i miei e, in fondo una cucina.
Intanto Grazia frequentava il magistrale presso le suore di S. Agostino a Caserta, Eugenio, tramite raccomandazione di un signore influente della zona “ing. Masoni” trovo lavoro presso la ex S.I.P. dopo aver frequentato un corso di specializzazione e io cominciai a frequentare L’Istituto Industriale di Aversa.
Il provveditorato di Aversa organizzò uno spettacolo per le scuole ed ogni istituto presentava un proprio artista: cantanti, gruppi musicali, comici, musicisti, ecc. Io rappresentai il mio Istituto in qualità di pianista. Infatti mi esibii al pianoforte con una canzone di Mina “il cielo in una stanza” poi presentai una mia fantasia inventata da me. Fui applaudito. Nello stesso anno assistetti alla prima eclisse totale di sole. Per guardare il sole, mi ricordo, affumicai un pezzo di vetro con una candela.

L’anno successivo si aprì una succursale a Caserta per cui continuai a Caserta presso l’ITIS F. Giordani. Con sede provvisoria nel vecchio palazzo Catemario.

In quel periodo spesso andavo in montagna. Dalla cucina di casa scavalcavo un muretto del balcone della cucina e ci si trovava direttamente alle pendici del monte S. Leucio. Mio padre comprò anche un pianoforte a mezza coda che io e Grazia suonavamo.

Un giorno Eugenio, andando in bicicletta, per una discesa ripida di S. Leucio, la ruota anteriore uscì dalle forcelle, e cadde a terra ferendosi al mento; ne porta ancora oggi la cicatrice.

Le cose cominciavano ad andar meglio anche economicamente dignitose. Difatti ci trasferimmo a Caserta in via F. Ferrante dove facemmo amicizia con i figli del padrone di casa: Antonio, Benedetto e Annamaria. Nello stesso palazzo abitava un’altra famiglia: i Castaldi. Con la figlia Carmelina formammo un gruppo affiatato di amicizie.

Ancora una volta mio padre cambiò lavoro. Fu assunto presso il cementificio di Moccia a Montesarchio come ragioniere.
Intanto mio padre comprò una Fiat 600 usata.
e con quella si recava a un nuovo lavoro presso il cementificio di Moccia a Montesarchio.

Durante le vacanze scolastiche mio padre mi fece assumere come carrellista presso il cementificio. In quel periodo estivo ciò che mi è rimasto impresso è che mi divertivo molto a guidare un piccolo trattore con circa venti carrelli su cui erano messi dei mattoni freschi che li portavo presso i forni per la cottura. Il momento più bello era l’ora di pranzo: mia madre mi preparava un quarto di panello farcito di diverse cose: frittata di patate o frittata di peperoni e altro ancora che io mangiavo con gusto insieme alla coca cola.
Una volta ritirando dal lavoro evitammo, per fortuna, un incidente con un carretto che era sbucato all’improvviso da una strada secondaria.

Dopo un po’ di tempo mio padre si fece trasferire al nuovo cementificio di Moccia a S. Clemente di Caserta.

Intanto mio padre conobbe un costruttore: Massaro. Dal lavoro al cementificio cambiò e fu assunto dal costruttore con le mansioni di economo ragioniere. Spesso seguivo mio padre sui cantieri: portava gli stipendi agli operai.

Nell’ultimo anno di studio organizzai, con l’incarico di presidente della commissione, il Mak-P. In quell’occasione conobbi Bruna e ci fidanzammo. Ci furono degli alti e dei bassi ma tutto finì, nell’11/09/1971, felicemente con il matrimonio.
I miei genitori, inizialmente non erano d’accordo; ma ben presto si ricredettero e mia madre dopo un certo tempo mi disse che aveva avuto un’altra figlia: Bruna.

Dopo il diploma fui assunto al cementificio di Moccia con l’incarico di Capo reparto dei forni di cottura. Il lavoro mi piaceva ma l’unica cosa che mi dava fastidio era l’atteggiamento del capo fabbrica, sempre a rimproverare (forse aveva ragione). Però, a volte, facevo, insieme al capo officina e ai suoi operai lavori pericolosissimi: pulizia di filtri che erano all’interno di una camera in cui dovevamo infilarci. Non solo, ma anche la manutenzione all’interno di un forno (ovviamente spento) ma comunque pericoloso perché si lavorava senza nessuna protezione. Oppure altro lavoro consisteva nell’entrare nei mulini di macina (grossi cilindri) ed effettuare la manutenzione, anche quì senza nessuna protezione.
A volte quando capitava il turno notturno, specialmente d’inverno, era piacevole stare al caldo vicino ai forni. Però, quando le cose erano calme, mi annoiavo e mi recavo su delle torri, dove trovavo un posticino per riposare e, non nascondo che addormentavo pure. Ma avevo lasciato delle disposizioni al mio vice che in caso di problemi sapeva dove trovarmi.

Dopo ventidue mesi di lavoro presso il cementificio uscì un bando di concorso presso un Centro di Formazione professionale a S. Nicola la Strada. Partecipai al concorso e lo vinsi quindi fui assunto con l’incarico di insegnate di materie tecniche: tecnologia meccanica e disegno meccanico.

Questo tipo di lavoro mi è subito piaciuto.
Mi piaceva insegnare, non solo per le discipline tecniche, ma per avere contatti con i ragazzi che ho sempre trattato non solo come insegnante ma anche come amico. Infatti dopo diversi anni che ho finito di insegnare ho incontrato diversi miei ex alunni in più posti, non solo in Italia, anche all’estero. In quel periodo il C.I.A.P.I., la scuola professionale dove insegnavo, aveva organizzato, ogni anno, dei corsi di perfezionamento sia per la metodologia della didattica ma anche per le innovazioni tecnologiche in diversi Istituti d’Italia: a Torino, a Taranto e nell’isola d’Ischia.
Il posto che mi è piaciuto di più è stato al B.I.T . di Torino. Eravamo alloggiati in un albergo e ognuno di noi insegnanti aveva una camera personale che affacciava su fiume Po. Visitammo diverse volte la città in particolare il Corso che era di fronte alla stazione ferroviaria. Questo Corso era molto lungo ed aveva dei portici continui dove vi erano famosi caffè.

Un giorno andammo con due auto in Svizzera a Chamonix da dove prendemmo un trenino a scartamento ridotto che ci portò fino al ghiacciaio “la mer du glaces”. Una volta arrivati in alla stazione si doveva scendere a piedi fin dentro il ghiacciao. Si entrava nel ghiacciao in cui erano riprodotte, in ghiaccio, molte camere con i mobili sempre in ghiaccio.

Anni dopo vi sono ritornato con la mia famiglia in roulotte. Riprenderò più avanti il racconto. Travai di cambiato che non si scendeva più a piedi ma si prendeva una teleferica per arrivare all’ingresso del ghiacciaio.

In questo periodo ho acquisito una forte tendenza all’insegnamento, difatti tutti gli allievi mi avevano in grande considerazione non solo per le discipline insegnate ma specialmente per il contatto umano con i ragazzi con i quali si discuteva, oltre che delle discipline, anche dei problemi di tutti i giorni.
Ancora oggi incontro i miei ex allievi e mi ringraziano di quello che loro ho insegnato.
Dopo qualche anno di lavoro con la Ditta Massaro mio padre acquistò, con un mutuo, una casa in via Acquaviva. Molto grande di circa 150 mq.

Con i miei primi risparmi acquistai una macchina, NSU 1200 di color verde, facevamo delle gite in Campania e in Molise.

Intanto mio padre si comprò una macchina nuova: una Golf della woksvaghen. Con questa auto i miei genitori hanno fatto diverse gite e si sono divertiti.

Famiglia Lombardi-Potosniak

L’11/09/1971 mi sono sposato. Viaggio di nozze tranquillo.

Dopo il viaggio, con la verde NSU 1200, ci insediammo nella nostra casa in viale Lincoln n. 241. La casa non era completamente arredata. Avevamo la camera da letto e la cucina economica.

Nel 1972 per assistere ad una partita di calcio nel campo del Centro di Formazione (C.I.A.P.I) saltai da un tetto del CIAPI, alto circa 3 metri, e nel cadere invece di andare sul terreno morbido inciampai con il tallone sinistro sullo spigolo di un marciapiede. In conseguenza di questa di questa caduta mi ruppi il perone sinistro. In quel momento non sentii nessun dolore ma poco dopo mi assalì un dolore fitto al piede. Fui accompagnato all’ospedale da un collega del CIAPI, Antonio Barone, ma fui dimesso con una semplice fasciatura. Il giorno seguente mi recai di nuovo in ospedale dove riscontrarono una frattura multipla del perone. Il giorno successivo fui sottoposto ad un intervento chirurgico con trapianto ossei dalla tibia al perone mediante schegge di osso prelevate dalla tibia.

Fui dimesso dall’ospedale con un vistoso gesso che mi copriva gamba e coscia quindi impossibilitato a camminare normalmente. Per tale motivo mi trasferii con Bruna, che lavorava alla 3M Italia in San Marco di Caserta, a casa dei miei genitori dove vivemmo per 5 mesi fino a che mi tolsero il primo e il secondo gesso.

Data l’immobilità dell’arto, che si era dimagrito fortemente, frequentai una palestra per la riabilitazione dell’arto.

In quello stesso anno acquistai una nuova macchina: una Simca 1300 di colore azzurro.

In seguito acquistammo i mobili per il salone (successivamente li regalammo a Vincenzo, figlio di Grazia).

Il 30 aprile 1974 nacque Laura e l’11 agosto del 1975 nacque Francesca.

Intanto Bruna continuava a lavorare alla 3M che lascerà dopo 15 anni di servizio. Con pensione che ha percepito al minimo al compimento dei 60 anni di età.

Per diversi anni, dopo aver acquistato, prima una roulotte e poi un camper, abbiamo girato un po’ d’Europa e buona parte dell’Italia.

Da rilevare che durante alcune gite perdemmo Francesca, prima allo sbarco del traghetto in Sicilia poi, qualche anno dopo a Venezia. Allo sbarco in Sicilia la trovammo insieme ad un marinaio del traghetto. A Venezia la ritrovammo vicino alla Basilica di San. Marco, vi era arrivata da sola.

Durante le visite in alcune città europee (Parigi, Versailles, Monaco di Baviera, Lugano, Salisburgo, Lintz, e altre ancora ho notato che anche un rudere o una sola pietra sono ben conservati e valorizzati; cioè quel poco che hanno sono riusciti a sfruttalo dal punto di vista turistico. Invece in Italia, che possiede ben il 75% del patrimonio culturale mondiale non è per niente sfruttato dal punto di vista turistico.

I vari governi che si sono succeduti non hanno fatto niente per valorizzare quest’immenso patrimonio che abbiamo in Italia. Forse ora si sta muovendo qualcosa ma solo a livello locale senza l’aiuto del Governo. In Italia oltre alle opere esposte ve ne sono tantissime ammucchiate nei depositi e nei sotterranei dei musei senza che potessero essere visionate dai turisti. Solo nel museo di Capodimonte a Napoli nei suoi depositi vi sono un numero elevato di opere mai viste dal pubblico. Allora perché, almeno le opere meno importanti non si mettono in vendita? Si potrebbero ricavare fondi da destinare ai Beni Culturali e valorizzare le opere “nascoste” non solo, ma anche creare nuovi posti di lavoro.

Da questo punto di vista tutti i Governi che si sono succeduti sono stati ottusi. In effetti per i vari governati quello che importa è la “colla” che li deve tenere attaccati alle loro poltrone. Per questa ed altre ragioni sono convinto che nessun politico, salvo rare eccezioni, pensa al bene comune.

Nel 1993 acquistai una roulotte usata e con essa siamo stati in alcune città europee e in molte città italiane.

Nel 1997 ho acquistato un camper usato ed anche con questo mezzo siamo stati in diverse città italiane.

Con l’istituzione delle Regioni nel 1980 il Centro Professionale non fù più finanziato e, noi insegnanti, fummo destinati ad altre strutture regionali. Io optai per la Forestale Regionale a Caserta presso il Settore Tecnico Amministrativo Provinciale Foreste. Dopo un breve periodo di tirocinio mi fu assegnata la Sezione Antincendio boschivo di cui ho svolto mansione di responsabile della programmazione e della tutela dei boschi contro gli incendi. Ho svolto questo lavoro fino alla pensione.

Anche questo lavoro mi è piaciuto molto perché ho avuto modo di conoscere bene tutte le montagne della provincia di Caserta. Spesso seguivo l’evolversi degli incendi sul luogo degli eventi, sia da terra che a bordo di un elicottero della Regione Campania da dove potevo meglio coordinare lo spegnimento degli incendi più gravi.

A volte mi sono trovato, insieme agli operatori, accerchiato dalle fiamme; ma con le dovute precauzioni siamo sempre “sopravvissuti”.

Avevo alle mie dipendenze 28 operatori antincendio durante l’inverno e 148 operatori antincendio durante il periodo di massima pericolosità da giugno a settembre.

Oggi, con l’esperienza che ho acquisito, mi sono accorto che tutta l’organizzazione regionale non bada tanto all’effettiva efficienza della struttura ma si è badato solo a quello che poteva apparire all’opinione pubblica e all’acquisto di automezzi poco adatti all’antincendio boschivo senza tener conto delle effettive esigenze di ogni Settore e senza interpellare chi opera direttamente sugli incendi. Inoltre le risorse, col passare degli anni sono state sempre ridotte, probabilmente dirottate su altri capitoli di spese.


Famiglia Lombardi-Potosniak

continua...